S e il mondo è pieno di ristoranti «Cosa Nostra» e di vini «Il Padrino» in fondo non è strano. È logico, anzi. Perché una parte non trascurabile di quello che mangiamo è frutto di affari loschi, gestiti da organizzazioni criminose talora transnazionali che delinquono in tutte le fasi della filiera del cibo, dalla produzione al trasporto, dalla distribuzione alla vendita. Con danni per il nostro portafogli, per il nostro palato, per l'ambiente, talora per la nostra salute.
È di 24,5 miliardi di euro il giro di affari annuo dell'«agromafia» secondo il sesto rapporto elaborato da Coldiretti, Eurispes e Osservatorio sulla criminalità nell'agroalimentare presentato ieri a Roma. Un business enorme e in continua crescita: +12,4 per cento nel 2018 rispetto al 2017.
Dentro c'è di tutto. Cibi coltivati o lavorati da manodopera irregolare, maltrattata o minorile. Merci che vengono spacciate per italiane ma non lo sono. Aziende e ristoranti aperti con soldi riciclati. Ma, naturalmente, quelli che ci inquietano di più sono i prodotti contraffatti, avariati o alterati, a volte del tutto «falsi». Ecco alcuni di loro.
Mozzarella sbiancata con la soda Fa inorridire il pensiero, eppure un modo economico per produrre una mozzarella che ovviamente tale non è ma può sembrarlo è produrre un formaggio di pasta filante e sbiancarlo con il carbonato di soda e il perossido di benzoile (ma c'è chi lo fa addirittura con la calce).
Pesce «rinfrescato» Si chiama «cafados» (ma anche «cafodos») ed è un additivo di provenienza spagnola che in Italia non è commerciabile. Viene utilizzato da solo o con aggiunta di acqua ossigenata e fa il miracolo di far sembrare freschissimo anche il pesce che è stato tolto dalla rete in epoche remote. Il «cafados» non è di per sé tossico, ma, ovviamente, lo è indirettamente, dal momento che potrebbe spingerci ad acquistare, e quindi a mangiare, pesce avariato. Il problema è inoltre che questa sostanza non è facile da reperire, visto che a contatto con acqua e ghiaccio si dissolve. I pesci più facilmente sottoponibili a questo make up sono sardina acciuga, tonno, sgombro e palamita. Come rimediare? Guardare il pesce negli occhi, che non mentono. E, se possibile, tastarlo per capire se la carne è soda e elastica.
Carne di macelli clandestini Li immaginiamo come ambientazione di un noir suburbano, ma sono una triste realtà anche nelle nostre città, in particolare del Sud. Sono luoghi privi di autorizzazione e, quindi, del rispetto delle più elementari norme igieniche e utilizzano manodopera in nero, in essi vengono macellati cavalli, ma anche altri animali spesso frutto di abigeato (furto di bestiame). La carne rientra, nelle ultime fasi, nei canali «ufficiali», ma altre volte viene smerciata in canali paralleli che attirano anche comuni cittadini sedotti dai prezzi «low cost».
Pane cotto in forni tossici Anche in questo caso è un problema soprattutto meridionale, legato ai tanti forni clandestini che operano per lo più attorno a Napoli e sono gestiti dalla Camorra. Chiamato in gergo «pane cafone», è spesso cotto in forni con legno proveniente da mobili distrutti e, quindi, verniciato, a volte senza nemmeno togliere i chiodi. In un caso, nel 2013, fu trovato addirittura legno di bare.
Miele «tagliato» Di miele si parla poco, ma è un prodotto adorato dalle agromafie a causa del fatto che in Italia, e in Europa, la domanda è molto superiore alla produzione. Quello italiano, molto pregiato, viene così «sostituito» da un prodotto proveniente dall'Est Europa o dalla Cina. Ma il miele viene anche adulterato grazie a «tagli» con sciroppi di riso, mais, zucchero che ne gonfiano il volume a basso prezzo.
Tartufo cinese Il pregiatissimo tubero è una manna per i contraffattori a causa dell'elevatissimo costo che «premia» coloro che riescono a mascherarlo. Ad esempio, capita sovente che l'esotico, ma non pregiato, Tuber indicum proveniente dalla Cina, venga spacciato per l'ottimo tartufo nero nostrano, a cui assomiglia molto.
Vino allo zucchero Le contraffazioni del nettare di Bacco sono cresciute del 75 per cento nell'ultimo anno. Si tratta, per lo più, di «tagli» di un vino certificato da un disciplinare con un vino meno pregiato che non rientra nell'area di legge.
Ma, soprattutto, dell'aggiunta dello zucchero per aumentare il titolo alcolometrico, pratica vietatissima in Italia.Olio colorato È quello di semi, scadente e sbiadito, ma che, colorato con la clorofilla, può, almeno cromaticamente, essere spacciato per un ottimo extravergine d'oliva.
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