Cronache

"Dio vendicherà la nostra morte". Così finì l'Ordine dei Templari

Soppressi per un gioco di potere e religione. Dal processo al rogo, la fine ingloriosa dei soldati di Cristo

"Dio vendicherà la nostra morte". Così finì l'Ordine dei Templari

18 marzo del 1314. Jacques de Molay si alza in piedi di fronte alla folla per urlare al mondo cristiano la purezza dell'Ordine. È l'ultimo disperato tentativo di un cavaliere ormai 70enne di difendere la storia dei Templari. Su un'isola sulla Senna, di fronte alla cattedrale di Parigi, Molay sale sul rogo convinto della propria innocenza. "Dio vendicherà la nostra morte", urla mentre le fiamme avvolgono l'ultimo maestro del Tempio.

Finisce così la storia dei Pauperes Commilitones Christi. Si interrompe bruscamente dopo sette lunghi anni di processi, calunnie e torture. Sette anni in cui il re di Francia, Filippo il Bello, riesce ad orchestrare un impianto accusatorio che costringerà il Papa a sopprimere l'Ordine e sciogliere dal giuramento i suoi cavalieri (guarda qui il video: IL RITORNO DEI TEMPLARI).

Per capire il tramonto dei Templari bisogna partire dal funerale di Caterina di Courtenay, moglie di Carlo di Valois, fratello cadetto di Filippo il Bello. È il 12 ottobre del 1307. Il maestro Jacques de Molay cammina al fianco del sovrano con tutti gli onori. Nulla potrebbe far pensare che il giorno successivo, un venerdì, di buon mattino, i templari di Francia verranno arrestati con l'accusa di eresia. È l'inizio della fine.

I primi anni del Trecento per la Chiesa furono segnati dalla ferita della "cattività avignonese". Ed è sfruttando la debolezza del Papa che il cancelliere del re, Guglielmo di Nogaret, riuscì a interrogare sotto tortura i cavalieri estorcendo loro quelle confessioni che avrebbero poi condannato l'Ordine. Le accuse? Apostasia, oltraggio a Cristo, riti osceni, connivenza coi musulmani, idolatria e sodomia. Un lungo elenco di peccati e infamie. Le confessioni parlavano di un rito di iniziazione in cui i nuovi fratelli erano costretti a sputare sul crocifisso, a rinnegare tre volte Cristo, a baciarsi nudi alla base della colonna vertebrale e sulla bocca, fino a promettere di prestarsi alla sodomia e ad adorare una statua chiamata Baffometto.

Vero o falso? Gli storici sono propensi a pensare che, se qualche strano rito d'iniziazione è mai avvenuto, si trattava forse di una simulazione di quello che sarebbe potuto accadere se un soldato di Cristo fosse finito in mani musulmane. Ma non è questo il punto. O non è quello centrale. Nell'ordine di cattura, infatti, il re intimava ai suoi soldati di "sequestrare tutti i beni mobili e immobili" dei templari. Sono soprattutto i soldi a far gola a un indebitato sovrano di Francia, che sperava di poter incamerare i tesori del Tempio con cui vantava un debito di 400mila fiorini.

I sette anni di processo furono un incrocio di fattori politici e religiosi. Papa Clemente V, pur intimamente convinto dell'innocenza dei cavalieri, non ebbe la forza politica per salvare l'Ordine dalla soppressione. La sconfitta di Acri e la perdita della Terrasanta avevano ormai distrutto l'immagine del Tempio agli occhi dei contemporanei, i quali la consideravano un'istituzione non più necessaria. Non fu difficile dunque per il re convincere l'opinione pubblica che le accuse di eresia fossero in qualche modo fondate. E così, con la bolla Pastoralis præminentiæ, Clemente V ordinò a sua volta l'arresto dei templari in tutta la cristianità. Era il 22 novembre 1307.

Solo nel giugno del 1308, sette mesi dopo l'arresto, il Papa riuscì per la prima volta a interrogare 72 templari non dignitari già torturati da Filippo e dall'Inquisizione francese connivente col re. La credibilità dell'Ordine era però ormai compromessa per le confessioni (estorte) diventate già pubbliche. Secondo la pergamena di Chinon, i dignitari furono riammessi alla comunione, simbolo della compiuta riconciliazione con la Santa Sede. Ma non fu sufficiente. Quando il perdono divenne di dominio pubblico, il sovrano minacciò Clemente V di riesumare e processare per stregoneria le spoglie del suo predecessore, Bonifacio VIII. Un simile sgarbo avrebbe decretato, de facto, lo scisma della Chiesa di Francia.

Al concilio di Vienne nel 1312 i templari tentarono l'ultima, disperata difesa. Molti ritrattarono le confessioni precedenti, ma era ormai tardi. I cavalieri andavano sacrificati per preservare l'unità della Chiesa. Con la bolla Vox in excelso, nel 1312 l'Ordine del Tempio venne ufficialmente soppresso ed i suoi beni trasferiti agli Ospitalieri (oggi Ordine di Malta). Due anni dopo, ancora imprigionato, Molay salì al rogo e chiese di rivolgere lo sguardo verso la cattedrale di Notre Dame: "Dio vendicherà la nostra morte", disse prima di arrendersi al fuoco.

Secondo alcuni quella frase ebbe effetto. Dopo pochi mesi, infatti, Filippo il Bello cadde da cavallo e morì tra atroci sofferenze. Anche il Papa, già malato, spirò poco tempo dopo. Coincidenze, certo. Ma che hanno fatto fantasticare chi, secoli dopo, ha riesumato la storia dei Pauperes Commilitones Christi arricchendola di occultismo, riti segreti, mistero e idolatria. E ponendo così le basi per la nascita del mito dei Templari.

Quello che ancora oggi foraggia l'immaginario comune sui cavalieri crociati (leggi qui).

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