"Dipende soltanto da lei": così la mafia minacciava Chinnici

Ritrovata una bobina con impresse minacce della mafia al consigliere istruttore Rocco Chinnici, ucciso 34 anni fa da Cosa nostra

"Dipende soltanto da lei": così la mafia minacciava Chinnici

Ritrovata una bobina con impresse minacce della mafia al consigliere istruttore Rocco Chinnici, ucciso 34 anni fa da Cosa nostra. Risalirebbe al giugno 1980. "Volevo sapere quando lei fa il suo compito - dice al telefono la voce di un emissario, riproposta da Repubblica - e il lavoro che è giusto fare, perché ora c'è gente che deve andare a fare il Natale a casa e dipende soltanto da lei". Chinnici, che stava indagando sui delitti politici di Palermo di quegli anni, appare molto calmo, fa parlare quell'uomo e registra quelle minacce. "Lei deve fare mettere fuori i nostri ragazzi - diceva un'altra voce qualche giorno prima - il nostro tribunale lo ha già condannato".

Quello di Chinnici fu l'attentato che il 29 luglio 1983 per la prima volta materializzò a Palermo lo spettro delle stragi di mafia: un'utilitaria imbottita di esplosivo, lo scoppio violentissimo attivato con un comando a distanza, la distruzione, la morte. Così furono uccisi il capo dell'Ufficio istruzione del Tribunale Rocco Chinnici, i carabinieri di scorta maresciallo Mario Trapassi e appuntato Salvatore Bartolotta, e il portiere dello stabile Stefano Li Sacchi. Quando Chinnici varcò il portone di via Pipitone Federico per andare in ufficio, alle otto e dieci, una Fiat 126 parcheggiata di fronte fu fatta esplodere con un comando a distanza. Sopravvisse solo l'autista Giovanni Paparcuri, parzialmente protetto dalla blindatura, ma comunque gravemente ferito. Trentaquattro anni dopo Palermo ricorda ancora quell'eccidio: deposizione di una corona di fiori nel luogo dell'agguato, messa al Comando Legione carabinieri e presentazione della nuova edizione del volume "L'illegalità protetta", alla presenza, tra gli altri, del comandante generale dei carabinieri Tullio Del Sette. Altre iniziative a Misilmeri e Partanna.

Nel 1979 Chinnici, nominato consigliere istruttore, iniziò a dirigere da titolare l'ufficio in cui operava da tredici anni. E' in questo periodo che progettò il lavoro di gruppo, una rivoluzione per gli uffici giudiziari, dando forma al primo nucleo di quello che sarà il pool antimafia. Accanto a sè volle tra gli altri due giovani magistrati: Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. E' con loro che mise in cantiere le prime indagini di quelli che si caratterizzeranno come i più grossi processi per mafia degli anni Ottanta. Per tutti, il "rapporto dei 161", la premessa del futuro primo maxiprocesso. Rocco Chinnici ebbe un'altra grande intuizione: aveva compreso, infatti, l'importanza della cultura della legalità e della prevenzione e fu il primo magistrato a incontrare gli studenti delle scuole e delle università.

Nel 2000 sono stati condannati all'ergastolo come mandanti, tra gli altri, i capi della cupola Totò Riina, Bernardo Provenzano, Raffaele Ganci, Salvatore Buscemi, Antonino Geraci, Giuseppe Calò e Francesco Madonia. Nel 2003 le condanne sono state confermate in Cassazione. La strage sarebbe stata voluta da Nino e Ignazio Salvo, i potenti esattori di Salemi su cui Chinnici indagava.

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