Non è corretto dire che Don Gino Tedoldi, quando lascia intendere che la Chiesa cattolica debba pensare meno agli aspetti pragmatici e più a quelli spirituali, sia il solo a pensarlo. Certo, le parole che questo parroco ha rilasciato sembrano destinate a far discutere, pure perché tra i virgolettati può essere evidenziata una espressione in particolare, ossia "una ossessione del Papa, non se ne può più", che è riferita all'approccio che questo pontificato ha scelto per affrontare l'annoso tema dei migranti e che non sembra in linea con il sentire comune di buona parte del clero cattolico mondiale.
Quello di Don Gino Tedoldi non è un caso isolato, basti guardare alla prossimità delle sue riflessioni con quanto domandato dai cattolici che si sono recati in preghiera dinanzi San Pietro lo scorso sabato, dove era presente anche qualche sacerdote, ma certo non è consueto leggere un'elencazione dettagliata delle cose che, stando al parere di questo ecclesiastico, non vanno come dovrebbero. Soprattuto perché ad elencarle, appunto, è stato un membro della Chiesa, che fa della fedeltà al Papa - come ribadito pochi giorni fa anche da Joseph Ratzinger quando ha avuto modo d'incontrare i nuovi cardinali creati nell'ultimo concistoro - un caposaldo irrinunciabile. Non si può neppure asserire che Don Gino Teodoldi non sia fedele al pontefice, anzi, ma il consacrato, che scritto anche un libro, "Non siamo conigli", un'opera edita da Fede e Cultura e che raccoglie alcune delle omelie più rimarchevoli, non si è limitato solo alla considerazione relativa all'immigrazione, che è sempre di più il centro della pastorale di Jorge Mario Bergoglio e della sua opposizione alla "cultura dello scarto".
Trattasi di sicuro di una critica molto forte, che Tedoldi ha esteso anche ad altri ambiti. Nell'intervista che ha rilasciato a La Fede Quotidiana, infatti, il don, che opera a Guidonia, ha parlato di "periodi nei quali essa (la Chiesa, ndr) è malata nel corpo ed altri nella testa". Poi però specifica meglio la direzione dell'attacco: "Molti uomini della gerarchia, ed anche preti - ha aggiunto - , sono con poca o senza fede. Manca inoltre un serio spessore culturale. Però ho fiducia, il Signore non lascia affondare la sua barca, la salva". Ancora una volta, insomma, risuonano le parole che Benedetto XVI scrisse in occasione del funerale del cardinale Meisner, quelle secondo cui la Ecclesia, in alcune circostanze, può sembrare sul punto di capovolgersi.
Dopo aver sottolineato come la pedofilia, stando alla sua visione, non costituisca la maggiore delle problematiche, ecco che il don si è scagliato contro un certo modo di indirizzare o selezionare i messaggi provenienti dalla istituzione ecclesiastica: "Il grande problema - ha esordito in un passaggio della intervista citata - non è la pedofilia nel clero, che certamente è una offesa. Ma la fede che scarseggia. Parliamo a getto continuo di migranti, di politica, di ambiente. Insomma, mondanità, e ci dimentichiamo di Dio, il grande assente, della trascendenza, del sacro e dunque della salvezza delle anime che è il vero scopo della Chiesa".
Troppa interventismo politico, dunque, mentre lo spazio per la sfera spirituale si riduce.
Ma don Gino finisce con l'alzare decisamente il tiro quando arriva a dire che il Papa possiede "poca fede", accostandolo persino al peronismo argentino e al terzomondismo. Una critica che, come premesso, è a tutto campo.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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