Governo e milizie libiche ora premono su Roma

L'aumento degli sbarchi potrebbe essere conseguenza della strategia di Al Serraj di chiedere nuovi accordi all'Italia per frenare il flusso migratorio. Ma il nodo rimane comunque il controllo delle milizie che gestiscono il traffico di esseri umani

Governo e milizie libiche ora premono su Roma

A Roma, si sa, c’è un nuovo governo ed in Libia non si vuole perdere tempo nel ricordare anche ai nuovi inquilini di palazzo Chigi che lo scorso anno tra i due paesi è stato siglato un accordo per impedire le partenze di migranti verso le nostre coste.

Potrebbe spiegarsi in questa maniera l’impennata del numero delle traversate registrato tra la fine di maggio e l’inizio di giugno: non solo l’esecutivo di Al Serraj, ma anche le milizie che materialmente controllano i porti della Tripolitania dove migliaia di sub sahariani aspettano di partire vogliono battere cassa e far sentire la propria necessaria presenza.

Il traffico di esseri umani è redditizio per le milizie, ma fa ancora più gola il potere contrattuale che si può avere nel momento in cui da Roma si inizia a chiedere maggiore controllo. L’estate del 2017 è lontana appena un anno ed i ricordi di come le cose sono andate sono ancora freschi, sia sulla sponda europea che africana del Mediterraneo. Dopo i numeri da capogiro tra giugno e luglio, l’Italia ha siglato un’intesa con la Libia per frenare il flusso migratorio. Intesa che sembra aver dato i suoi frutti, tanto che dalla prima decade di agosto fino al 17 settembre 2017 i barconi in giro per il mare nostrum sono drasticamente diminuiti.

Il 17 settembre non è una data casuale: quel giorno infatti, sono scoppiati gli scontri a Sabrata, forse il centro più importante della rotta migratoria verso le nostre coste. I soldi piovuti dall’Italia hanno fatto gola a tanti, generando uno scontro interno alla cittadina costiera libica che ha fatto repentinamente ripartire gli sbarchi. Il patto tra Roma e Tripoli prevedeva non solo la riparazione di quel che rimaneva dei mezzi della guardia costiera di Gheddafi, ma anche soldi: somme importanti che, secondo un’inchiesta della Reuters, sarebbero finite direttamente nelle mani della milizia Anas al Dabbashi, la stessa che fino al luglio 2017 gestiva il traffico di esseri umani.

Non solo i soldi per l’appunto, ma anche la circostanza secondo cui questa milizia ha potuto enormemente accrescere il proprio potere nella zona di Sabrata. Da qui la “gelosia” delle milizie rivali, a partire da quelle legate all’ex cabina di regia anti Isis e del clan degli Elgul. Ad ottobre quegli scontri hanno visto, tra le altre cose, la sconfitta degli stessi Al Dabbashi.

Adesso, con l’estate 2018 alle porte, le circostanze si ripetono e sia l’esecutivo di Al Serraj che le milizie tripoline sgomitano per chiedere a Roma il rinnovo del trattato e nuovo riconoscimento politico/economico per contrastare l’immigrazione. Secondo alcuni report dei servizi segreti, sarebbero 50.000 i migranti che aspettano di imbarcarsi da Sabrata e da altre località costiere della Libia.

Un numero enorme, che Tripoli e le varie milizie vogliono far pesare. Come scrive Fiorenza Sarzanini sul Corriere della Sera, da Roma si ha consapevolezza di tutto ciò e si starebbe già intavolando una fitta trattativa diplomatica con Al Serraj. Il governo libico, chiamato così soltanto per semplificare visto che nella realtà tale esecutivo fatica a controllare anche i propri uffici, vorrebbe altri stanziamenti per potenziare la guardia costiera in cambio della ripresa oculata dei controlli lungo le coste.

Ma il vero nodo in realtà sono le milizie: a Sabrata e lungo le coste della Tripolitania sono questi gruppi armati a dettar legge e per loro l’unica cosa che conta è il guadagno. Se fermare i migranti è più redditizio che farli partire, allora forse si potrà assistere nell’immediato ad una diminuzione dei flussi. Ma è anche vero che se una milizia riceve riconoscimento, altri gruppi saranno pronti a muoverle guerra per prendere il posto ed alzare la posta in palio.

Il perno del problema dell’immigrazione dalla Libia è sempre lo stesso da quando è caduto Gheddafi: senza uno Stato libico forte, si rischia di poter al massimo solo arginare (a caro prezzo) per qualche settimana il fenomeno.

Forse hanno ragione i vertici della piccola e quasi impotente guardia costiera di Tripoli: l’unica soluzione a lungo termine, come hanno dichiarato nelle scorse ore, è quella di bloccare le navi umanitarie ed evitare di far ammassare migliaia di potenziali migranti sulle coste. Ma intanto, con 50mila pronti a partire, non è da escludere che Roma possa avere l’interesse per adesso di tappare la falla mediterranea in attesa di capire nuovi sviluppi.

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