Dopo le accuse per bancarotta fraudolenta della sua azienda, Tiziano Renzi, padre del più noto Matteo, è nuovamente iscritto nel registro degli indagati della Procura di Roma per il reato di traffico di influenze illecite.
Sulla lente d’ingrandimento degli investigatori ci sono i suoi rapporti con l'imprenditore napoletano Alfredo Romeo che stava cercando di aggiudicarsi alcune commesse pubbliche relative a un appalto da 2,7 miliardi di euro indetto dalla Consip per l'affidamento dei servizi gestionali di uffici pubblici, università e centri di ricerca.
Ma esattamente come e perché si incappa nel 346 bis del codice penale, ossia il reato di traffico di influenze illecite? Può macchiarsi di tale crimine chi “sfruttando relazioni esistenti con un pubblico ufficiale o con un incaricato di un pubblico servizio, indebitamente fa dare o promettere, a sé o ad altri, denaro o altro vantaggio patrimoniale” per convincere il funzionario pubblico a compiere un atto “contrario ai doveri di ufficio o all'omissione o al ritardo di un atto del suo ufficio”. Sia chi dà o promette denaro o un qualsiasi altro vantaggio patrimoniale è punito con una pena che va da 1 a 3 anni di carcere, al pari del funzionario pubblico che va contro i suoi doveri. Le pene sono aumentate se i fatti sono commessi in relazione all'esercizio di attività giudiziarie o diminuite se i fatti sono “di particolare tenuità”.
A differenza del reato di corruzione, però, il denaro e gli altri vantaggi patrimoniali non sono il prezzo da pagare al pubblico ufficiale ma sono destinati a retribuire unicamente l'opera di una mediazione.
Vi è corruzione vera e propria se queste utilità sono corrisposte o se la loro promessa viene accettata. Tale norma serve a tutelare la pubblica amministrazione dal mercimonio diretto o indiretto delle pubbliche funzioni o poteri e nell'indebito sfruttamento degli stessi.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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