Da Einstein a Pelè: se i geni non si fidano di se stessi

Le lettere di Einstein: Non ho fatto un granché". Ma anche Pelé e Chaplin...

Da Einstein a Pelè: se i geni non si fidano di se stessi

Il genio è semplicità, ma che fosse anche modestia nessuno poteva indovinarlo. Ma essere modesto, diceva Arturo Graf che faceva il poeta e aveva il dono della sintesi, è spesso più facile a chi abbia fatto qualcosa che a chi non abbia fatto mai nulla. Come è capitato, a quanto rivelano da Londra, ad Albert Einstein, il genio dei geni, che capiva tutto del mondo visibile e invisibile tranne l'amore, la stima, l'ammirazione che i salotti intellettuali e il popolino tutto nutrivano per lui. «Sto diventando molto amato e ancora più invidiato, ma non ci si può fare nulla» confidava, chissà perché sconsolato, alla sorella minore Maja nel 1923, due anni dopo aver ricevuto il Premio Nobel per la Fisica. Pare che fosse tormentato nei pensieri, intimidito dalla popolarità, quasi vergognoso del suo talento. Almeno così rivelano le lettere, mai rese pubbliche fino ad ora, che la casa d'aste Christie's di Londra metterà all'asta on line dal 2 al 9 maggio insieme ad altri documenti e cimeli provenienti dall'archivio privato di Maja, perlappunto. «Non ho realizzato molto recentemente - si lamentava quasi cinquantenne, dieci anni dopo aver elaborato la teoria più rivoluzionaria dell'universo - ma sono contento del mio lavoro anche se mi sto accorgendo che la brillantezza della gioventù non c'è più». Perdeva colpi come uno di noi, nemmeno lui, che viaggiava con il pensiero nell'iperspazio, riusciva e fermare il tempo che si fugge tuttavia.

Succede a chi è grande sentirsi piccolo, che è un po' il contrario di quello che succede nei social. Pelè bambino per esempio, dopo una sconfitta come tante, scrisse mortificato: «Cara mamma, oggi ho fallito un calcio di rigore, era decisivo per la mia squadra. So tuttavia che non potrò mai essere un grande calciatore, non sono fatto per questa carriera». A 17 anni era già campione del mondo. Anche il venticinquenne Charlie Chaplin si sentiva inadeguato per la parte: «Intendo smetterla con il cinema - giurava inconsolabile nel 1914 -. È un mondo troppo complicato per me». Aveva appena inventato Charlot. Persino Claudia Cardinale, una delle bellezze più sconvolgenti del Novecento, non credeva di essere Claudia Cardinale: «Da ragazzina non pensavo di essere bella, anzi credevo di essere brutta. Poi a 16 anni vinsi un concorso di miss, come premio c'era un viaggio a Venezia. Tornai a casa giurando che il cinema non l'avrei mai fatto». Ha fatto quasi 150 film, nel primo era completamente velata. Anche chi è in confidenza con il divino ha poca fede in se stesso. Albino Luciani, che decise di scegliere il doppio nome di Giovanni e di Paolo per diventare Papa Giovanni Paolo I, la prima cosa che disse fu «so di non avere la sapientia cordis di Papa Giovanni, né la preparazione e la cultura di Papa Paolo. Però sono al loro posto, devo cercare di servire la Chiesa. Spero mi aiuterete con le vostre preghiere». Non lo aiutarono granché.

Einstein insomma è in buona compagnia.

Del resto anche il suo insegnante prese da parte il padre Hermann per dirgli sicuro: «Mi creda, non importa quello che fa suo figlio. La verità è che non farà mai nulla». Forse è lì che Albert ha capito che tutto è relativo...

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