Il ponte, ovvero tecnica di accorpamento di giorni feriali con quelli festivi infrasettimanali. Sta per arrivarne uno colossale con in mezzo le elezioni amministrative. Nessuno è obbligato a fare il ponte: venerdì 3 giugno è una giornata lavorativa come tutte le altre, ma è umiliante il solo fatto di pensare di non sfruttare la circostanza e quindi incastrare quel giorno in un bel filotto di vacanze, anche perché abbiamo appena sofferto la disgrazia di un Primo maggio che cadeva sciaguratamente di domenica, impedendo la costruzione di un bel ponte.
C'è un lamento ufficiale e una gioia privata. Presidi di scuola e operatori del mondo del lavoro imprecano contro l'italica fannulloneria che coglie ogni occasione per giustificare il riposo. Dall'altra parte si guardano le previsioni meteorologiche sperando che il tempo sia buono per mettersi in viaggio.
È indiscutibile che un periodo di vacanza così lungo danneggi l'organizzazione scolastica proprio a fine anno, rendendo più complessa tutta l'attività di verifica delle conoscenze degli studenti. Ma chi si lamenta per questa situazione poteva guardare il calendario un po' per tempo e accorgersi di come erano distribuiti i giorni festivi ed eventualmente correre ai ripari. Una sciocchezza, tuttavia, pensare di abolire queste feste infrasettimanali per non perdere giornate di studio e di lavoro.
Chi si sente tanto ligio al dovere, vada a lavorare il 3 giugno; semmai il problema riguarda gli studenti che, anche volendo andare a scuola, non troverebbero gli insegnanti.
Per ora si va avanti così, non si tocca niente, e l'imperativo categorico è quello di fare il ponte per ritemprarsi il corpo e lo spirito. E men che meno deve sorgere il dubbio amletico se fare o non fare il ponte: c'è e si fa. Il problema è un altro: perché in queste occasioni si sprecano moralismi di ogni genere per condannare l'esistenza stessa del ponte?
I presidi dicono che è un'indecenza tutti questi giorni di vacanza? Si guardi come si perdono inutilmente e allegramente giorni di scuola. È appena stato fatto uno sciopero sindacale: tutti a casa. Lo sciopero è un diritto, certo; perché non è un diritto festeggiare anche la nascita della Repubblica pur essendo il giorno incastrato in una conveniente opportunità celebrativa? Poi naturalmente ci sono le occupazioni per una didattica migliore; le manifestazioni per testimoniare l'impegno della propria coscienza civile per questo e per quello. Insomma, non è che il rigore regni sovrano a scuola. È stata eliminata come ricorrenza festiva il 4 novembre, quando si ricordava la vittoria nella Prima guerra mondiale, storica premessa della nostra Repubblica. Altre feste religiose e civili sono state depennate dal calendario in nome dell'efficienza e della serietà del lavoro, tuttavia è bene che quelle più importanti rimangano per non dimenticare, anche se gettano lunghi ponti sul nostro calendario. Questi, però, continuano a essere ritenuti forme immorali di assenteismo.
In realtà, chi pensa così ha la coscienza sporca: sa di lavorare male, sa di non essere in grado di arginare l'assenteismo, sa che il ritmo produttivo è così basso da dover trovare una giustificazione per salvare la faccia. E, allora, ecco la dinamite per far saltare il ponte: l'esplosivo è però bagnato e non fa saltare un bel niente: ma intanto si è trovato un capro espiatorio da parte di chi non è capace di far funzionare la macchina che deve guidare.
Ai presidi e ai datori di lavoro irriducibili nella loro moralistica condanna del ponte, suggerirei di fare nell'occasione del giorno di festa infrasettimanale dei bei seminari a scuola, negli uffici, nelle fabbriche sul significato del 2 giugno, del Primo maggio, dell'Immacolata, del 25 aprile, della festa dei santi...
Con questa grande enciclopedia del sapere dettata dal calendario s'innalzerebbe l'italica cultura e finalmente si avrebbe tutto il diritto di guardare con disprezzo quegli ignoranti che con questo o quel sotterfugio hanno ancora il coraggio di fare il ponte.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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