La falsa guerra tra negri e razzisti

Dopo la guerra incivile tra immigrati e indigeni a Tor Sapienza a Roma restano per terra i cocci della disperazione

La falsa guerra tra negri e razzisti

Dopo la guerra incivile tra immigrati e indigeni a Tor Sapienza a Roma restano per terra i cocci della disperazione, del disagio e della speculazione. La disperazione dei migranti, il disagio degli abitanti e la speculazione degli impresari della paura da una parte e gli impresari dei clandestini dall'altra. A volte gli opposti speculatori collimano: ridurre per esempio la protesta contro il centro d'accoglienza a un titolo-sintesi, come quello che ha fatto ieri la Repubblica, «Basta con i neri, sono tutti bestiacce» significa soffiare sul fuoco e trasformare davvero la rabbia in razzismo.

Agli uni viene offerto un racconto di stampo razzista e gli altri viene offerto un alibi ideologico per odiare gli abitanti del quartiere come razzisti. E invece il cuore del problema non è di natura etnica o ideologica ma sociale: gli scontri non nascono perché i migranti son negri e i romani sono razzisti, ma perché se innesti in una degradata periferia, masse di sradicati senza lavoro, senza donne e senza dimora che invadono gli spazi vitali di chi lavora e vive in quel quartiere, e si aggiungono a spacciatori, abusivi di case popolari e campi nomadi, la delinquenza è assicurata e lo scontro è inevitabile.

Il problema allora è a monte: è la retorica e la demagogia dell'accoglienza, l'incapacità di governare e frenare i flussi migratori e di garantire la vita e la sicurezza dei cittadini. Il nodo del problema non è il negro e non è il razzista, ma il cinico filantropo che fa la carità con la vita degli altri.

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