Il Far West dei taxi fai da te non si combatte col Far West

Da Milano a Roma, la protesta a sorpresa dei tassisti ha provocato notevoli disagi per i cittadini

Il Far West dei taxi fai da te non si combatte col Far West

Ci erano già cascati i forconi: un misto di rabbia ed esasperazione per troppi anni fatto covare senza ricevere risposte adeguate aveva portato quel movimento variegato e acefalo a scendere in piazza contro il governo, in un miscuglio di pretese condivisibili e rivendicazioni velleitarie, ma con mezzi inaccettabili. In particolare, il blocco del traffico di pancia e senza preavviso aveva inevitabilmente danneggiato senza rimedio l'immagine di quella protesta agli occhi dei cittadini, paradossalmente gli unici destinatari dei disagi provocati da quel fuoco di paglia. Analogo passo falso rischia di essere quello compiuto dai tassisti con il loro stato di agitazione che sta provocando tanti disagi ai viaggiatori in tante grandi città.

Le auto bianche protestano perché un emendamento al decreto Milleproroghe (approvato dal Senato con voto di fiducia chiesto dal governo, e prossimo al voto definitivo della Camera) proroga fino a fine 2017 il termine concesso al ministero dei Trasporti per emanare un regolamento che, nell'auspicio dei taxisti, avrebbe dovuto fungere da giro di vite contro l'abusivismo e, soprattutto, contro quello che giudicano un concorrente sleale come Uber.

La questione si trascina da quasi un decennio (Uber, quindi, c'entra solo indirettamente) ed è piuttosto intricata sul piano giuridico: norme del 2008 a tutela dell'esclusiva dei taxisti sul trasporto pubblico avrebbero richiesto decreti attuativi mai arrivati, e sono poi state oggetto per l'appunto di ripetute proroghe - fino all'ultima che ha scatenato la protesta selvaggia di ieri - motivate anche dagli allarmi lanciati dall'authority dei trasporti e dall'antitrust sui possibili contenuti anticoncorrenziali delle restrizioni introdotte e da introdurre.

In un quadro così ingarbugliato, addirittura non è certo quali siano le regole attualmente in vigore che disciplinano la materia, non essendo bastati un pronunciamento del ministero dei Trasporti e sentenze di Tar del Lazio, Corte di Giustizia dell'Ue e Tribunale di Milano a fare chiarezza. Ma, a prescindere dalla battaglia sull'interpretazione delle disposizioni in vigore, e perfino del merito delle ragioni dei tassisti o degli Ncc (noleggio con conducente, che invece plaudono invece al nuovo rinvio), ciò che appare incontrovertibilmente sbagliato nella protesta dei taxisti è il metodo.

La loro scelta di seguire appunto i forconi nel provocare disagi al traffico colpisce e crea disagi solo agli incolpevoli cittadini, che quindi non vedranno certamente di buon occhio le posizioni di chi protesta, e finisce con l'essere un grosso boomerang. Infatti, fa paradossalmente un regalo agli Ncc, sia perché possono giovarsi di un improvviso, se pur temporaneo, aumento della domanda, sia perché ne guadagnano anche in immagine, a tutto svantaggio dei conducenti di taxi, che rischiano di farsi percepire come l'ennesima casta di privilegiati.

Per di più, la scelta di incrociare le braccia senza preavviso contraddice la nozione stessa di servizio pubblico, con cui i taxisti giustificano i limiti alla concorrenza: se possono venire a mancare di punto in bianco i trasporti anche su tratte cruciali come quelle verso gli aeroporti, che ne è del servizio pubblico tanto fortemente difeso?
L'auspicio è che la categoria possa riconsiderare la sua scelta, che peraltro rischia fortemente di incappare in pesanti sanzioni della

Commissione di garanzia sugli scioperi, se non addirittura penali, per il mancato rispetto di regole essenziali a tutela dei cittadini. Quei cittadini che dalle proteste selvagge escono solo danneggiati e ulteriormente esasperati.

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