Un nuovo sospetto caso di scambio di embrioni getta nello sgomento una coppia di Napoli che si era sottoposta a un protocollo di fecondazione assistita all’ospedale Pertini di Roma, lo stesso dove si verificò, nei mesi scorsi, un episodio simile. Lo rivela Agitalia, un'associazione che si occupa del recupero di titoli mai riscossi. L’associazione riporta il caso di Giacomo Gentili e Maria Ingrosso, di 47 e 43 anni, di Napoli, già clienti di Agitalia nell’ambito di un rimborso contro Bankitalia per la riscossione di un Bot del defunto padre dell’uomo, che dopo svariati tentativi per avere un figlio avrebbe deciso oltre un anno fa di ricorrere alla fecondazione assistita.
Nel mese di dicembre 2013 la moglie si è sottoposta ad "inseminazione artificiale" all'ospedale Pertini idella Capitale, così come previsto dalla legge italiana prima della sentenza della Corte costituzionale, mediante liquido seminale del marito.
L'intervento sembrava andato per il meglio, visto che la donna è rimasta incinta. Lo scorso mese di maggio la donna si è sottoposta ad amniocentesi, come suggeritole dai protocolli medici della gravidanza in ragione della sua età biologica. L'esame non ha rilevato alcun problema per il feto ma si è scoperto, invece, che il nascituro non aveva materiale genetico né del padre né della madre.
Nella documentazione medica allegata si legge che "dall’esame del liquido amniotico si evidenzia un profilo genetico del feto non compatibile con quello materno" e si suggerisce una analisi genetica "più approfondita". Come si può facilmente intuire per la coppia è stato un durissimo choc. La donna comunque, d'accordo con suo marito, ha deciso di portare avanti la gravidanza, sia per convinzioni etiche che religiose. La coppia si è però rivolta all'ufficio legale dell'associazione per ottenere il risarcimento dei danni morali, patrimoniali e biologici subiti in relazione alla fecondazione assistita eseguita "erroneamente" per il presumibile "scambio di provette".
L’associazione fa sapere di avere già predisposto una richiesta risarcitoria di un milione di euro nei confronti dell'Ospedale Sandro Pertini, della Asl RMB e del ministero della Salute.
Cosa dice l'ospedale
"I referti con la mia firma sono dei falsi", assicura Paola Grammatico, direttore del dipartimento di medicina molecolare dell’ospedale San Camillo Forlanini di Roma. "È stata usata carta intestata su cui poi è stato effettuata una manomissione su dati di altri referti, ma, a un’analisi approfondita il codice utilizzato non corrisponde alla tipologia di codici che noi attribuiamo ai campioni". Inoltre -prosegue Grammatico- l’incompatibilità del profilo genetico del feto con quello materno è stata valutata sulla base di una proteina, ma con questo tipo di analisi nessuno avrebbe mai potuto identificare un’incompatibilità genetica". La coppia, in base ai documenti inviati all’Adnkronos Salute, sosteneva di aver effettuato la fecondazione al Pertini, dove sarebbe successivamente risultato che il profilo genetico non sarebbe stato compatibile.