Cronache

Ferrara, la città non più rossa dove il Pd è costretto a inseguire

Alle ultime Comunali la vittoria inaspettata di Alan Fabbri e del vicesindaco Lodi. Una provincia che potrebbe abbandonare il Pd

Ferrara, la città non più rossa dove il Pd è costretto a inseguire

Alan Fabbri e Nicola Lodi avanzano su piazza del Municipio. È questa l'immagine simbolo che resta di quel giugno del 2019, quando per la prima volta il centrodestra ha conquistato Ferrara. Fabbri e Lodi sono i simboli del nuovo corso della città estense. Un cambiamento inaspettato, giudicato da molti incredibile, e che tra dieci giorni potrebbe ripetersi anche alle elezioni regionali. In molti attendono le urne di domenica prossima per capire se gli elettori ferraresi, passati l'anno scorso in massa alla Lega, abbiano deciso di abbandonare il Pd anche in Regione. Oppure, se si vuole osservarlo dall'altro punto di vista, se questi sette mesi di amministrazione leghista abbiano convinto oppure già stufato.

Il confronto Borgonzoni-Bonaccini a Ferrara è anche la sfida tra due modi di vedere la città (e quindi la Regione). A Ferrara il sindaco Fabbri appare ancora popolare. La Lega vinse le elezioni puntato tutto sulla sicurezza, sulla lotta alla "mafia nigeriana", sul contrasto al degrado urbani. Ed è in quei campi che si è mossa una volta al potere. Nei primi mesi Lodi (vicesindaco e assessore alla sicurezza) ha nominato un capo dei vigili urbani chiedendogli un occhio di riguardo per la zona Gad, centrale dello spaccio di droga (guarda qui il reportage) a due passi dalla stazione. Poi ha sgomberato con tanto di ruspa il campo nomadi definito dai carabinieri "una centrale di criminalità" (guarda qui). E si è pure messo in testa di armare la polizia locale e combattere i locali etnici. La sinistra attacca, presenta interrogazioni e segnalazioni alla procura. Ma intanto la gente applaude: la precedente amministrazione sembrava non ascoltare le loro paure, così si sono affidati al Carroccio. "Non ho mai votato Lega - ci sussurravano i residenti - ma dopo tanti anni era il momento di cambiare".

Ecco: il cambiamento. A Ferrara il volto noto della politica locale si chiama Dario Franceschini, più volte ministro alla Cultura. Alle ultime elezioni, nel "suo" collegio uninominale è stato sconfitto da un avvocato di Comacchio. La domanda è: i ferraresi replicheranno lo smacco ai dem? Oppure Bonaccini riuscirà ad invertire la rotta? Il governatore riscuote successi tra gli imprenditori che gli riconoscono di aver governato bene. E in piazza, sotto il Castello, il 30 novembre sono scese tante sardine. Inoltre due giorni fa è esploso lo "scandalo" dell'ormai ex capogruppo leghista Stefano Solaroli, pizzicato a promettere il posto fisso ad una consigliera in cambio delle sue dimissioni. Il Pd spera in una rivincita. Ma quando tira il vento del cambiamento, a volte viene voglia di spiegare le vele e modificare la rotta. Il vicepresidente di Confindustria Emilia, Gian Luigi Zaina, ieri al Carlino ha ammesso che "Fabbri ha voglia di fare, viene dalla gavetta e dopo settant'anni di governo della sinistra, un po' di discontinuità fa bene". Il sindaco di Ferrara cinque anni fa era il candidato alla guida della Regione: agli occhi dei cittadini potrebbe fare da garante per la Borgonzoni, nonostante la sua gaffe sul Duomo geolocalizzato a Bologna. In fondo l'Emilia in economia corre veloce, ma la provincia ferrarese rincorre tutte le altre.

Se son rose, fioriranno.

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