La polemica d'estate sullo «sballo» è come quelle sul meteo o sul traffico dell'esodo: un tormentone stagionale che viene rimesso in armadio ai primi freddi. Finita l'estate viene riposto nell'armadio. Di passi avanti se ne fanno pochi, il fenomeno è molto analizzato ma poco conosciuto. E poi si tagliano i fondi per la riduzione del danno. Si usano parole come «sballo» e «spinello» per ammiccare al linguaggio dei giovani, per i diretti interessati, i frequentatori di locali ad alto tasso alcolico e stupefacente, sono archeologia, reliquie di un passato lontano. Il Papa, saggiamente, ha usato ieri un linguaggio più neutro: «La festa non è la pigrizia di starsene in poltrona, o l'ebbrezza di una sciocca evasione», aggiungendo che «i ritmi sregolati della festa fanno spesso vittime giovani». Ma il discorso del pontefice non si rivolgeva tanto ai ragazzi, quanto ai genitori, era un'esortazione a riscoprire il valore delle feste in famiglia, del riposto domenicale, che è «uno sguardo amorevole sul lavoro ben fatto». Ce l'aveva insomma più con i centri commerciali sempre aperti che con le discoteche.
E forse ancora una volta Francesco ha dimostrato più sensibilità di tanti altri osservatori, evitando di sprecare parole di condanna sui divertimenti dei giovani. Anche perché, per fortuna, in fondo gli episodi che stanno funestando questa estate sono ancora casi eccezionali. La droga continua a girare, c'è preoccupazione perché si è abbassata l'età media in cui si sperimentano droghe e «binge drinking», l'abuso di alcol in un tempo breve, ma l'Italia è ancora il Paese in cui c'è il consumo di alcol più basso di tutta l'Unione europea. Non è un motivo per abbassare la guardia, ma dovrebbe almeno spingerci a considerare con attenzione atteggiamenti proibizionistici, come la chiusura dei locali e la pioggia di divieti anti movida che spuntano in tutta Italia, i cui effetti deterrenti sono assai dubbi. Ilaria Boemi forse è morta di droga, ma non frequentava la discoteca.E Lamberto Lucaccioni le sue pastiglie le aveva comprate anche fuori dal Cocoricò.
Cultura dello «sballo»? Abitudine forse, occasione, tentazione, scappatoia. Ma da parecchi anni non ha più senso parlare di cultura della droga e dell'eccesso d'alcol, nel senso di disciplina che si coltiva nella pratica o nella teoria. Anzi, c'è molta ignoranza anche tra chi fa uso di sostanze che alterano la coscienza. Nello scorso marzo uno studio dell'Istituto di fisiologia clinica del Cnr ha svelato che il 54% di un campione di 54mila studenti aveva provato almeno due volte sostanze psicotrope senza sapere cosa fossero. Il che è senz'altro un pericolo, ma accende su questa tendenza una luce diversa.
Allo stesso tempo si fanno strada altre tendenze di cui si parla molto meno, tutte all'insegna di una nuova austerity dello spirito. Sarà anche la ricerca di un senso, di una via d'uscita all'atmosfera di pessimismo che grava sull'Italia da troppi anni. Ed è spesso una ricerca confusa, dispersa tra volontariato, approcci alla religione che fondono confessioni diverse come fossero ingredienti da cocktail, approcci alla fede che assomigliano a quelli verso la pratica di attività ginniche. La pagina Facebook dell'associazione nazionale Papaboys ha oltre 100.000 «like» e gli italiani sono la terza comunità più numerosa che percorre fino in fondo il «Cammino di Santiago», dopo spagnoli e tedeschi.
Ma, ha raccontato a un sito cattolico padre Fabio, missionario guanelliano che opera sul Cammino, «si va a Santiago a volte senza sapere cosa è il Cammino, perchè è nato, che natura ha. Si cammina e basta, inseguendo il famigerato timbro rilasciato dalle chiese». Anche la spiritualità può essere consumo. Ma almeno non uccide. La festa è finita andate in pace.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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