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Il figlio cinico. Il lutto è dolore ma la pensione è una certezza

L'uomo di Mantova pagherà per ciò che ha fatto. Truffa allo Stato, occultamento di cadavere, sostituzione di persona, falso in atto pubblico

Il figlio cinico. Il lutto è dolore ma la pensione è una certezza

Questa è una storia che fa schifo e allo stesso tempo fa ridere, come solo le storie italiane sanno fare. Ti viene da ridere, poi ti senti in colpa, poi ritorna su una risatina amara, perché la realtà supera sempre la fantasia. E ogni volta che pensi "abbiamo toccato il fondo", qualcuno ti mostra che sotto c'è ancora un piano interrato, poi un seminterrato, poi una lavanderia: lì hanno trovato il cadavere della mamma. Siamo a Borgo Virgilio, provincia di Mantova. Un figlio di 56 anni decide che rinunciare alla pensione della madre defunta è un delitto imperdonabile: non contro la legge, contro il portafoglio. Così invece di denunciare il decesso, affronta la questione come un attore mancato: parrucca, abiti da signora, smalto, cipria. Va allo sportello dell'anagrafe per rinnovare la carta d'identità della madre morta.

Il lutto è dolore, la pensione è certezza. Ha scelto la certezza.

La scena, a raccontarla, sembra uno sketch: lui che firma fingendosi lei, l'impiegata che lo lascia andare, poi ci ripensa. La voce baritonale camuffata, il collo taurino. Nasce il dubbio, e il dubbio è l'unica cosa che in Italia funziona ancora. Chiama la Polizia locale. Gli agenti riconvocano la "signora". E lui si ripresenta. Trucco, gonna, parrucca. La determinazione dei disperati ha una forma precisa: imbarazza i sani di mente. Smascherato subito. Confessa. Alla domanda "Dov'è sua madre?", racconta balle. Poi la parte più tragica: nella sua casa trovano il corpo della donna, mummificato, riposto nella lavanderia, tra un armadio e due sacchi a pelo. Avvolto in lenzuola. Un involucro inodore. Una reliquia di solitudine.

Vergognoso? Sì. Criminale? Sì, ma secondo un codice molto meno sanguinoso di quello che adesso qualcuno gli vorrebbe cucire addosso. Perché fino a qui siamo davanti a una truffa lurida e meschina, ma pur sempre una truffa. Quello che sta accadendo dopo appartiene invece alla cattiva letteratura. È bastata una parola messa male, un sospetto fatto scivolare in Tv ho cambiato canale, non ricordo quale, tanto l'immondizia è trasversale per trasformare un imbroglione in un possibile matricida. "Oggetti repertati utili ai fini investigativi", "sarà l'autopsia a stabilire le cause della morte": frasi burocratiche che nel teatro mediatico diventano bombe a mano. Traduzione immediata: potrebbe averla uccisa. L'"infamia" non è il travestimento. È questo. Inseguire fantasmi come se fossimo in Romanzo criminale non è solo sciocco: è pericoloso. È il modo più rapido per trasformare un povero cristo in un mostro. E l'Italia, lo sappiamo, ha una produzione industriale di mostri: servono ai talk-show, alle prime pagine, alle indignazioni da social. Una truffa? Poco succo. Un matricidio? Oro. E invece la realtà, quasi sempre, è molto più banale e più triste: una solitudine cronica, un figlio incapace di affrontare la morte, un attaccamento patologico ai soldi, la paura di perdere l'unica entrata certa. Non c'è bisogno di inventare assassini per spiegare il degrado: basta guardare. La vicenda ricorda un giallo di Simenon, L'Affare Picpus: identità confuse, travestimenti, ombre, sospetti che crescono perché fanno comodo. Ma lì c'era Maigret, che non si faceva incantare dalle scorciatoie. Qui rischiamo l'opposto: gonfiare una piccola miseria fino a farne un delitto esemplare. Simenon lo diceva senza dirlo: "Il sospetto è il vizio dei pigri". Maigret non sospettava: indagava e taceva.

Chiariamo: l'uomo di Mantova pagherà per ciò che ha fatto. Truffa allo Stato, occultamento di cadavere, sostituzione di persona, falso in atto pubblico.

Non serve altro. Andare oltre, scivolare nella fantasia sanguinaria del "chissà come l'ha fatta morire", è una cattiveria gratuita. Una calunnia preventiva. Una facile scorciatoia per sentirsi moralmente migliori dell'uomo in parrucca.

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