La fine ingloriosa delle sardine: "Ci prendiamo una pausa"

Il movimento delle sardine alza bandiera bianca. Santori: "Qualcuno preferisce farmi le scarpe e screditare me e le persone che mi supportano"

La fine ingloriosa delle sardine: "Ci prendiamo una pausa"

Sarà un po’ la sfortuna di ritrovarsi l’epidemia da coronavirus sul groppone nel momento di massima espansione, sarà colpa del lockdown che non ha permesso alla politica dei “corpi fisici in uno spazio” di ritrovarsi in piazza a urlare contro la Lega. Sarà che i media, concentrati sul Covid-19, si sono dimenticati di decantare ogni mossa dei pesciolini. Fatto sta che a quanto pare le sardine da oggi alzano bandiera bianca, si prendono una “pausa”. Non è detto sia un naufragio definitivo. Di certo però il mare delle sardine si è in larga parte svuotato.

La resa viene certificata con un messaggio nella chat interna del movimento, rivelato da Repubblica. Mattia Santori, Giulia Trappoloni, Andrea Garreffa e Roberto Morotti consegneranno entro giovedì il “manifesto atteso da mesi” (ma da chi?), poi “prenderemo una pausa di riflessione”. Come sanno maree di innamorati, dalle pause di riflessione difficilmente si torna insieme. E comunque non si è più gli stessi. Che le sardine avessero perso lo smalto lo si era capito ormai da tempo. Nessuno ne parla più, zero ospitate in tv (ormai si parla solo di Covid, che ne può sapere Santori?), di elezioni per cui mobilitarsi contro Salvini e i suoi compari non ce n’è ombra. Dopo la “vittoria” in Emilia Romagna, quella dei Santori boys è stata una lunga parabola discendente fatta di scivoloni mediatici, liti interne e piccole o grandi scissioni.

Alla base del fallimento ci sono le contraddizioni di un movimento che predicava contro l’odio mentre i suoi seguaci evocavano l’omicidio di Salvini o vomitavano insulti social contro Giorgia Meloni o oltraggiavano il ricordo di Gianluca Buonanno. Ma ci sono anche l’inesperienza di farsi fare una foto con i Benetton nel pieno della querelle Autostrade, la partecipazione ad Amici, la proposta di una tassa patrimoniale. Sono emersi allora i distinguo della leader calabrese, Jasmine Cristallo, le scissioni dell’atomo provocate dal romano Obongo. E poi i malumori per la creazione di una Associazione per la raccolta fonti, lasciando all’oscuro (quasi) tutti gli esponenti delle varie realtà locali lontane dal fulcro bolognese. E le rivelazioni, pubblicate in esclusiva dal Giornale, da parte di un deluso fondatore delle sarde nel Nord Italia, sulle tensioni interne, le liti, le diverse vedute. Campanilismi. Incomprensioni. L’atteso convegno di Scampia mai celebrato causa pandemia.

“Sono conscio che qualcuno preferisce farmi le scarpe e screditare me e le persone che mi supportano”, avrebbe scritto Santori nella chat denunciando “frustrazione e saccenza”. Lo scontro ruota attorno alla “forma” da dare alle sardine del futuro. Una parte della “classe dirigente” (sempre che si possa chiamarla così) spinge per trasformare le sarde in un partito. L’altra parte, tra cui i fondatori, vorrebbe farle rimanere un “gruppo di influenza e pressione mediatica”. Le ultime iniziative sono state improntate in questa direzione: prima la raccolta fondi online con una sorta di gioco social (circa 37mila euro raccolti per acquistare respiratori e presidi sanitari, molti meno dei 70mila incassati per organizzare un concerto); poi il ritorno in piazza per vendere 6mila piantine per la cultura. “So di essere in minoranza - avrebbe scritto la sarda in chief - So che molti di voi non si sentono a proprio agio nella dimensione puramente etica e culturale della politica. Non vi bastano le piantine. Avete idee molto strutturate. Sapete un sacco di cose. Vi invido per questo. Ma sento che più prendiamo la direzione politica più finiamo per imitare gli altri”. Quindi arriverà il manifesto “valoriale”, ma non quello “politico”. Chi si chiedeva cosa volessero le sardine oltre a impedire a Salvini di prendere il potere, resterà probabilmente deluso.

Un documento politico “porterebbe nuovi litigi, a tante incomprensioni e una marea di chiacchiere sterili”. Neppure sulla struttura da dare al movimento pare esserci accordo, visto che ai vertici ci sarebbe “un gruppo di persone che manco si fidano tra di loro”. Benvenuti in mare aperto.

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