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"Fiuggi silenziosa". Così Meloni vola

Bussano in tanti. Tutti pronti a salire sul treno giusto in vista della prossima tornata elettorale, che sia a breve o che arrivi nel 2023 come vorrebbe la scadenza naturale della legislatura

"Fiuggi silenziosa". Così Meloni vola

Bussano in tanti. Tutti pronti a salire sul treno giusto in vista della prossima tornata elettorale, che sia a breve o che arrivi nel 2023 come vorrebbe la scadenza naturale della legislatura. E questo di per sé non ha il sapore di una notizia, perché fa parte delle cose della politica il fiutare l'aria e ricollocarsi con più o meno tempismo. Di certo, però, è il termometro di quanto in salute sia Fratelli d'Italia e, al di là dei sondaggi che danno il partito di Giorgia Meloni in costante crescita, di quale sia la percezione che ne ha sul territorio chi di politica si occupa tutti i giorni. Un'escalation che ha molte ragioni, difficili da raccontare in poche righe ma che possono essere riassunte in due elementi. Il primo è la coerenza con cui la Meloni è da anni fedele alle sue posizioni, il secondo è il girovagare ondivago degli ultimi anni di Matteo Salvini che ha dato il là ad un poderoso travaso di voti dalla Lega a Fdi.

Ed è proprio in questo quadro di coerenza, spesso legittimamente rivendicata dalla stessa Meloni, che ai molti che in queste settimane hanno bussato alla porta la risposta è stata «no, grazie». Tra loro ce ne sono un certo numero di Forza Italia, alcuni persino favoriti dai buoni uffici di Ignazio La Russa, uno di quelli che dentro Fdi le decisioni le prende. Eppure sono stati respinti con perdite, finanche nomi noti del berlusconismo d'antan (tra loro, un senatore lombardo alla settima legislatura e uno siciliano alla sesta).

Il che non significa che la Meloni sia contraria ad «allargare il campo d'azione» di Fratelli d'Italia e diluirne l'imprinting da destra sociale. Anzi. L'operazione, per certi versi, è iniziata già con la fondazione del partito a fine 2012. Nella nascita del movimento, infatti, un ruolo centrale lo ebbe - e lo ha tuttora - Guido Crosetto, un passato giovanile nella Dc e poi una lunga militanza in Forza Italia. Quello che la leader di Fdi non cerca e non vuole, però, sono «allargamenti di Palazzo», legati ai numeri in Parlamento e senza ritorni sul territorio. È in quest'ottica che a fine 2018 non ha avuto esitazioni ad accogliere Raffaele Fitto, uno che il suo peso elettorale lo ha quantificato alle Europee dello scorso anno portando a casa 87mila preferenze. Anche la sua storia politica è ben lontana da quella della destra, eppure oggi Fitto corre - con buone possibilità di successo, concordano i sondaggi - come governatore del centrodestra in Puglia. E la Meloni ha difeso la sua candidatura con le unghie nonostante il lungo assedio di Salvini che ha fatto di tutto per boicottarlo. Negli ultimi due anni, poi, ci sono stati altri arrivi da Forza Italia, soprattutto tra consiglieri regionali e sindaci. Ed era praticamente sul punto di passare con Fdi anche il governatore della Liguria Giovanni Toti, ma il suo troppo temporeggiare ha fatto saltare l'accordo.

Insomma, una nuova Fiuggi - la città dove si svolse nel 1995 il congresso che sancì il passaggio dall'Msi ad An - non è in programma. Ma è nei fatti, visto l'ampliamento oggettivo del perimetro all'interno del quale si sta muovendo la Meloni. Che in questi anni si è ritagliata anche un peso all'estero. In Europa, grazie ai buon uffici di Fitto che al Parlamento Ue ne ha favorito l'ingresso nei Conservatori e riformisti europei del cui gruppo è co-presidente. E con gli Stati Uniti, grazie sempre al lavorio dell'ex ministro degli Affari regionali e con il contributo pure di Giulio Tremonti che, anche in quanto presidente dell'Aspen Institute Italia, con l'amministrazione americana ha una certa consuetudine. Non a caso nel marzo 2019 la Meloni fu l'unica relatrice italiana al Cpac dei Conservatori americani che si tenne a Washington alla presenza di Donald Trump. Un passaggio chiave, al quale è seguito anche un approccio più studiato dal punto di vista della comunicazione (tradizionale e sui social). Con la Meloni che è rimasta sì fedele e coerente alle sue battaglie di sempre (per esempio sull'immigrazione) ma senza ergerle a totem assoluti. Anche in questo modo è riuscita a scalare i sondaggi che oggi arrivano ad attribuirle anche il 14%.

Quasi dieci punti in più rispetto al 4,3% delle Politiche del 2018.

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