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Un cuore nel cielo e poi l'inferno in terra: la tragedia delle Frecce Tricolori

Il 28 agosto 1988 fu una giornata di lutto per le nostre Frecce Tricolori: la tragedia di Ramstein, in Germania, ha causato 70 vittime

Un cuore nel cielo e poi l'inferno: la tragedia delle Frecce Tricolori a Ramstein

Ramstein è una cittadina tedesca nella regione della Renania-Palatinato che ospita la più importante base aerea statunitense in Europa. Oggi serve come quartier generale per le forze aeree degli Stati Uniti in Europa e in Africa (Usafe-AfAfrica) e anche per il Nato Allied Air Command (Aircom), ma la sua importanza risale ad altri tempi: durante la Guerra Fredda, per la precisione nel 1973, diversi quartier generali dell'Alleanza Atlantica e degli Usa furono trasferiti a Ramstein con l'operazione “Creek Action”, messa in atto come parte della nuova politica mondiale dell'Usaf (l'aeronautica militare statunitense) di localizzare le sedi più vitali in aree rurali scarsamente popolate invece che vicino alle città. Successivamente il quartier generale Usafe venne spostato, in quanto l'intelligence statunitense aveva scoperto che i sovietici avevano in programma di invadere l'Europa Occidentale attraverso il Fulda Gap, in quella che allora era la Rft (Repubblica Federale Tedesca) o Germania Occidentale. Come risultato di questo cambiamento di politica, la base aerea di Ramstein divenne un grande centro multinazionale della Nato: oltre a vedere la presenza del quartier generale dell'Usaf in Europa, era diventata sede anche del nuovo quartier generale della Allied Air Forces Central Europe (Aafce).

Il flugtag del 1988

La nostra – tragica – storia si colloca temporalmente proprio in quegli anni di contrasto tra blocco occidentale e orientale, ma le logiche della Guerra Fredda, stavolta, non c'entrano. Era il 28 agosto del 1988, e proprio a Ramstein si stava tenendo una manifestazione aerea molto grossa: Flugtag '88 (traducibile letteralmente come “giornata del volo”, organizzata proprio dal comando dell'Usaf in Europa.

Nel programma delle esibizioni aeree di quel giorno era presente anche la nostra Pattuglia Acrobatica Nazionale (Pan), che volava (e vola ancora) sugli Mb-339. Le nostre Frecce Tricolori dovevano chiudere in bellezza la tre ore di voli dopo le dimostrazioni di svariati velivoli militari, della Patrouille de France e degli Asas portoghesi. Il giorno precedente, sabato 27, durante le prove tutto era filato liscio: i nostri piloti avevano perfezionato le figure acrobatiche e preso ulteriore familiarità con la base, dove erano arrivati il 26 insieme agli altri specialisti necessari per effettuare le operazioni di volo del 313esimo Gruppo Pan. In tutto c'erano 11 velivoli e 39 uomini.

Domenica 28 le condizioni meteo sono quasi perfette su Ramstein: tra le 11 e le 17, finestra temporale entro cui si sarebbe tenuta la manifestazione aerea, la visibilità è superiore a 10 chilometri, con copertura compresa tra i 9mila e 10mila piedi (2700/3000 metri) e vento al suolo variabile tra i 5 e i 15 nodi (15/20 alle quote di volo).

L'esibizione

La formazione, composta da dieci Mb-339 divisi in due sezioni di cinque ciascuna, decolla regolarmente alle 15.40 dalla pista 27 della base di Ramstein davanti a circa 300mila spettatori assiepati lungo la recinzione che costeggia la striscia di decollo.

Il programma acrobatico è ben noto, e le Frecce Tricolori sono famose nel mondo per eseguire le manovre col più grande numero di velivoli oltre che per la loro precisione e professionalità. Eravamo, e siamo ancora, i migliori, a dimostrazione della storica tradizione di eccellenza della nostra Aeronautica Militare.

I 339 compiono evoluzioni coordinate e spettacolari nel cielo sereno, col “solista” (nominativo Pony 10), il tenente colonnello Ivo Nutarelli (38 anni), che catalizza l'attenzione del pubblico. I minuti passano e lo spettacolo è entusiasmante. Le due sezioni, di quattro e cinque velivoli, virano e si ricongiungono in formazione “a triangolo”, presentandosi da nord verso sud, ortogonalmente rispetto all'asse della pista, e sorvolano l'area riservata al pubblico effettuando un looping con uscita angolata a sinistra di 45 gradi.

Poi ancora una virata, a destra, stavolta assumendo la formazione “a rombo” per poi apprestarsi a effettuare il “cardioide”, una figura particolare che ricorda un cuore in tre dimensioni. Doveva essere parte del “gran finale” dell'esibizione delle Frecce Tricolori. L'inizio della manovra verticale avviene frontalmente alla linea degli spettatori. Poi gli aerei si separano ancora nelle due sezioni principali, regolarmente: il comandate del gruppo, dal suo punto di osservazione nella torre, avvisa la sezione di cinque di effettuare solo una piccolissima correzione per far recuperare un lieve ritardo.

La manovra di apertura del solista, che dovrà “chiudere” il cuore disegnato in cielo, si sviluppa con una traiettoria in arrampicata meno curvilinea rispetto a quella delle altre due sezioni da cui si era separato. Pony 10 sta “tirando” più di quanto necessario, tanto che raggiunge una quota superiore di 500 piedi (150 metri) rispetto a quella della sezione 1. Il colonnello Nutarelli si rende conto di essere più alto del previsto, e richiama, per evitare di guadagnare ancora più quota. Così, in volo rovescio e livellato, si allontana rispetto al piano in cui si era sviluppata la geometria delle sezioni principali.

Pony 10 è in leggero ritardo rispetto agli altri. Per recuperare, il pilota si butta in picchiata ma si rende conto di non aver guadagnato la necessaria separazione dal resto della formazione, quindi toglie motore e apre l'aerofreno, mantenendo l'assetto del 339 in discesa pressoché verticale. Nutarelli poi richiama a sé la barra per livellare l'aereo, convinto di aver recuperato la posizione necessaria per effettuare l'incrocio in modo corretto.

L'impatto in volo

Il suo 339, ora, è a soli 33 metri dal suolo e a 170/200 metri dal punto di incrocio con gli altri velivoli della formazione. Pony 10 prende a cabrare ancora, leggermente, e a quel punto si rende conto di essere troppo vicino e troppo basso. Il colonnello a quel punto tenta una repentina ed estrema cabrata (il fattore di carico fa segnare +9.86g) ma il guadagno di quota è insufficiente.

Dalla sua destra e sinistra giungono le due sezioni, in volo pressoché livellato, che dopo aver effettuato una gran volta in senso opposto si stanno ricongiungendo frontalmente.

Sono le 15.45. Pony 10, a una quota di 41 metri, entra in collisione con Pony 2 e Pony 1, rispettivamente pilotati dal capitano Giorgio Alessio (31 anni) e dal tenente colonnello Mario Naldini (41 anni).

Il 339 di Nutarelli, con un assetto a cabrare di circa 10 gradi e inclinato verso destra di 8, taglia con lo stabilizzatore destro la parte anteriore di Pony 2, all'altezza del tettuccio, uccidendo sul colpo Alessio. Quasi nello stesso istante il bordo d'attacco e il serbatoio subalare dell'ala sinistra di Pony 10 impattano contro l'ala sinistra di Pony 1, tranciandola di netto. Inoltre la parte anteriore del velivolo di Nutarelli impatta, frantumandola, il terzo tratto della fusoliera di quello di Naldini, disintegrandosi e provocando la morte del pilota che viene proiettato all'esterno.

Una palla di fuoco tra il pubblico

Un'orrenda palla di fuoco si sviluppa durante il terribile scontro. Pony 10, senza più la parte anteriore di fusoliera e in fiamme, dopo un breve ed erratico volo, precipita al suolo a 60 metri dal pubblico spargendo fiamme e detriti tutto intorno: il troncone di fusoliera e le due semiali, rimbalzando, finiscono sugli spettatori. Pony 1, senza più un terzo di fusoliera, ruota a sinistra e precipita sulla pista: l'impatto al suolo fa staccare la semiala destra che, nella sua corsa, va a colpire un elicottero Uh-60 di soccorso dell'Us Army ferendo il pilota.

Pony 2, dopo i primi brevi istanti di volo ancora livellato, prende un repentino assetto a picchiare e si schianta al suolo all'altezza del raccordo della pista. Nel terribile impatto restano danneggiati anche Pony 3 e 5, che, insieme agli altri velivoli, proseguono per la base alternativa di Sembach, dove atterrano. Verranno successivamente smontati e portati in Italia a bordo di un C-130.

A terra è l'inferno. Il 339 impazzito di Nutarelli, nella sua ultima corsa, ha strisciato per terra disintegrandosi: detriti fiammeggianti di ogni dimensione hanno colpito le persone che si erano accalcate per vedere l'esibizione. Quella domenica d'agosto, a Ramstein, oltre ai nostri tre piloti, muoiono sul posto 31 spettatori. Altri 36 moriranno in ospedale nei giorni successivi portando il totale a 70, e si conteranno 346 feriti.

Le cause del disastro

Il rapporto finale della commissione d'inchiesta trinazionale (Usa – Italia – Germania), reso pubblico solo nel 2012, attribuisce il disastro a un errore del pilota solista, che ha innescato una serie di piccoli eventi che hanno portato alla tragedia. Nessun guasto tecnico. Nessuna diretta causa esterna come un'improvvisa raffica di vento o altro. Anche le misure di sicurezza alla base erano state seguite alla lettera.

La tragedia di Ramstein però ha imposto che venissero riviste le norme, e da allora le manifestazioni aeree non sono più state le stesse: in Occidente sono stati adottati regolamenti molto più severi e oggi le “figure” non possono più essere fatte sopra il pubblico, che deve stare a svariate centinaia di metri dall’esibizione. Sono cambiati anche i parametri di volo delle Frecce Tricolori e delle altre pattuglie acrobatiche che hanno più “aria” per le singole figure.

Quello di Ramstein fu l'incidente aereo più sanguinoso della storia di questo tipo di manifestazioni fino a quando, nel 2002, fu superato dai 77 morti del disastro di Sknyliv, in Ucraina, quando un Sukhoi Su-27 dell'aeronautica ucraina si è schiantato durante un air show.

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