Tra le forme di delicatezza estrema c'è la scelta di un'amica dell'adolescenza, che chiameremo Anna Silva, per risparmiare un dolore al padre.
Erano una allegra brigata di amici, pronti ad attrezzarsi il fine settimana, in abiti da pescatori, e andare sui rami del Po a Goro e al Po della Gnocca. Noi eravamo bambini; e il gruppo era costituito dal mio indimenticabile zio, Bruno, professore di italiano e di latino, da mio padre, farmacista, dal professor Romagnoli, grecista e seduttore: padani; e poi c'erano le immissioni esterne: il dottissimo Giovanni Tuzet, di travolgente simpatia: friulano; e il professor Sessa e il preside Giuseppe Miraglia: siciliani. Esuberanti i padani; sottili, insinuanti, i siciliani, in particolare Miraglia, discreto e ironico. Rientravano la domenica sera, stanchi ed entusiasti, e intorno al tavolo si animavano discussioni filosofiche e politiche. Per noi, piccoli, era una festa il ritorno con il pesce, e anche l'incrociarsi delle spade. I riti settimanali ci rallegrarono per una quindicina d'anni; poi ognuno prese la sua strada: mia madre andò a Milano per aprire una farmacia, mio zio, separato dalla moglie, la seguì e divenne preside del liceo Beccaria.
Tuzet in Sardegna.
A Ferrara rimase solo Miraglia, per molti anni fedele alle spedizioni sul Po con mio padre. Ora sono tutti morti, meno uno. E la figlia non gli ha detto della scomparsa di mio padre. Così, nella sua fantasia, a distanza, lo crede ancora vivo e ripensa alla gloria del fiume.
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