La grande contraddizione

Qualche giorno fa in un'intervista a questo Giornale il segretario del Pd, Enrico Letta, era stato chiaro: chi vincerà le prossime elezioni avrà il diritto-dovere di governare, anche se sarà Giorgia Meloni nel rispetto della "democrazia dell'alternanza"

La grande contraddizione

Qualche giorno fa in un'intervista a questo Giornale il segretario del Pd, Enrico Letta, era stato, almeno a parole, chiaro: chi vincerà le prossime elezioni avrà il diritto-dovere di governare, anche se sarà Giorgia Meloni nel rispetto della «democrazia dell'alternanza». Un concetto giusto, per alcuni versi ovvio, perché è alla base di tutti i sistemi democratici del mondo.

In Italia purtroppo, però, non c'è nulla di scontato, neppure l'ovvio, perché basta guardare gli ultimi trent'anni di storia patria e ti accorgi che ogni volta che si è insediato un governo di centrodestra, la sinistra ha cominciato a delegittimarlo sin dal primo giorno. Anche perché se passi una campagna elettorale a dire peste e corna del tuo avversario, trasformandolo in un nemico, come fai poi a spiegare ai tuoi elettori che ha il diritto di governare? Se lo presenti come il depositario di un programma diverso dal tuo, magari anche agli antipodi, possono capirlo. Ma se lo hai descritto come Belzebù, come un erede di Mussolini, o come un figlio di Putin, è chiaro che non accetteranno neppure il responso elettorale, ma lo considereranno alla stregua di un usurpatore da abbattere.

È tutta qui la «grande contraddizione» di Enrico Letta, che fa un torto non al centrodestra, ma alla democrazia. Come si fa ad usare l'argomento degli amici del Cremlino negli ultimi giorni di questa campagna elettorale dimenticando che in Parlamento tutti, a parte i dubbi dei grillini e il «no» di alcuni esponenti della sinistra che paradossalmente ora sono candidati dal Pd, hanno votato in favore delle sanzioni alla Russia e della fornitura di armi all'Ucraina? Si specula sulle parole dedicate alla pace che auspicano tutti, a cominciare dal presidente francese Macron, dimenticando i fatti e consegnando al mondo un'immagine distorta che non giova sicuramente al nostro Paese. Se poi descrivi il tuo avversario come un mezzo fascista non ti devi meravigliare quando un periodico tedesco, Stern, dedica la copertina alla Meloni definendola una donna pericolosa. Puoi dire ciò che vuoi, ma di fatto ne sei il mandante.

È un comportamento che fa male innanzitutto alla democrazia. E che mette in dubbio un dato fondamentale per una Nazione che è alle prese con un conflitto: di essere e apparire unita. Solo chi non ha una sensibilità istituzionale fa della guerra, e delle sue implicazioni, un argomento di campagna elettorale.

Non per nulla ieri la Casa Bianca ha fatto sapere di «non credere a questa narrativa da fine del mondo sulle elezioni italiane». Dicendosi sicura che il prossimo governo, qualunque sarà, rispetterà gli impegni presi con gli alleati. A Washington, a quanto pare, hanno più rispetto per il nostro Paese che non in Italia.

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