La grande paura di Conte: un rimpasto di governo

Nodo Mes, Pd e M5s sempre distanti: il premier lavora a un'intesa di facciata per salvarsi. Ma sottotraccia cresce l'insofferenza dei dem e di Di Maio lancia un appello a tutti i partiti

La grande paura di Conte: un rimpasto di governo

L'ormai consumato siparietto sul Mes andrà avanti ancora a lungo. E rimarrà deluso chi si illude che lunedì andremo finalmente incontro ad un passaggio chiave per fare un po' di chiarezza. Fra 48 ore, infatti, il tema del Fondo salva Stati tornerà al centro del dibattito, in mattinata a Roma e nel pomeriggio a Bruxelles. Perché prima il ministro dell'Economia Roberto Gualtieri si presenterà davanti alle commissioni Finanze e Affari Ue di Camera e Senato per un'informativa sulla riforma del Mes e poi il tema sarà oggetto di confronto alla riunione dell'Eurogruppo. Nonostante questo, il governo italiano continuerà a cavalcare il grande equivoco su cui fino a oggi Giuseppe Conte ha scodinzolato come un surfista provetto sulla cresta dell'onda. Visto che non si tratta di decidere se attivare o no il Mes sanitario tanto inviso al M5s, ma semplicemente acconsentire alla riforma complessiva del Fondo salva Stati - sarà il ragionamento che farà lunedì Gualtieri davanti alle commissioni parlamentari -, non c'è nulla di cui preoccuparsi. Così i grillini potranno alzare un po' la voce ad uso e consumo di giornali, tg e social ma senza per questo arrivare a stracciarsi le vesti. Mentre il Pd - che la linea di credito europea da 36 miliardi di euro per la sanità vorrebbe utilizzarla - farà il solito muro di gomma. E tutto si risolverà nell'ennesimo «abbiamo scherzato». D'altra parte, ormai da qualche mese è lo schema di un sempre più delicato equilibrio tra un Pd che minaccia di fare saltare un Conte considerato troppo equilibrista e mai decisionista e un M5s che gioca a fare il catenaccio. Non solo sul Mes, pure sul Recovery fund, sulle riforme e sul dialogo maggioranza-opposizione da tempo invocato con forza da Sergio Mattarella. Appuntamento, dunque, al 9 dicembre. Quando finalmente il premier dovrà presentarsi alle Camere per delle comunicazioni in vista del Consiglio europeo del 10 e 11 che, a differenza dell'informativa, prevedono un voto. Allora sì che potrebbero esplodere le contraddizioni all'interno della maggioranza e pure quelle dentro le opposizioni, visto che Silvio Berlusconi è assolutamente favorevole allo strumento del Mes, a differenza di Matteo Salvini e Giorgia Meloni che lo considerano la strada per inginocchiarsi all'Europa. Nonostante i movimenti in corso per creare le condizioni per dare vita a maggioranze alternative, infatti, al momento nella maggioranza si sta ragionando su una mozione che permetta a Conte di continuare a pattinare sul grande equivoco. Siamo d'accordo sulla riforma del Fondo salva Stati, ma al momento l'Italia non ne ha bisogno, dovrebbe essere il succo del testo su cui provare a fare convergere Pd e M5s. Con Conte che, così fosse, vincerebbe su tutta la linea.

Ma al 9 dicembre mancano ancora quasi due settimane e di cose ne possono succedere. Ieri il M5s ha continuato a fare la guerra al Mes: prima ha ribadito la sua contrarietà il viceministro all'Economia Laura Castelli e poi a tutti i parlamentari pentastellati è stata inviata dal Movimento una mail in cui si diceva che «con il M5s al governo l'Italia non accederà al Mes». Ma nel Pd l'insofferenza va crescendo e si continua a guardare a eventuali convergenze con Forza Italia.

Altamente improbabile possano arrivare prima che sia chiusa la sessione di bilancio, ma che il tema sia in agenda lo conferma anche un Luigi Di Maio che ieri, dalle colonne de Il Foglio, ha lanciato i suoi «dieci punti» per ricostruire l'Italia. Un «patto trasversale», un «appello rivolto a tutti» che sembra mettere le mani avanti ad eventuali e futuribili scenari di larghe (o quasi larghe) intese.

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