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Grillini muti sul crollo. Se questo è un leader

Grillini muti sul crollo. Se questo è un leader

Sono al governo insieme da quasi cinque mesi, ma i pentastellati non hanno ancora imparato un'arte in cui la sinistra da sempre è considerata maestra, ovvero l'analisi della sconfitta. Nel Movimento, all'indomani del tonfo storico in Emilia Romagna e Calabria, il clima è surreale. Con il reggente Vito Crimi che nel pomeriggio ha balbettato in conferenza stampa. E l'ex capo politico Luigi Di Maio che non vuole assumersi la responsabilità del tracollo. Asserragliato alla Farnesina, preferisce non commentare i risultati disastrosi: due consiglieri eletti in Emilia-Romagna, nessuno in Calabria. Il pensiero di Di Maio può essere esplicitato così: «Io ve l'avevo detto». Nessuna colpa, quindi. A maggior ragione da parte di chi, a cominciare da Beppe Grillo e dal premier Giuseppe Conte, vorrebbe consegnarsi mani e piedi al centrosinistra. Conte ieri ha parlato di «costruire un'alternativa alle destre». Vertici irritati anche per il battage dell'ex leader emiliano-romagnolo del M5s Massimo Bugani. A urne appena chiuse, nella nottata di domenica, l'attuale capo staff del sindaco di Roma Virginia Raggi aveva parlato di «Waterloo», attaccando: «Gli Stati Generali era un dovere farli prima». Ieri ha aggiunto: «Il M5s deve capire chi è e dove va». Dallo stato maggiore hanno fatto trapelare parole molto dure: «Primedonne e parole divisive sono quanto di più lontano rispetto a quello di cui c'è bisogno adesso». E Beppe Grillo è rimasto in silenzio.

Clima ancora più surreale durante la conferenza stampa di Crimi. «Le elezioni regionali in Emilia e Calabria non sono andate bene - ha spiegato - però era abbastanza prevedibile, non ci aspettavamo chissà quale altro risultato, il voto è stato molto polarizzato e alcuni nostri elettori hanno deciso di votare da una parte o dall'altra parte». «Ho fatto un appello al M5s all'unità», ha proseguito. La strategia è quella «terzista» di Di Maio: «Non dobbiamo immaginare di replicare gli altri partiti o di creare un qualcosa che sia strutturale con gli altri partiti». Nessuna ripercussione sull'esecutivo, nonostante la paura che un Pd rinvigorito possa dettare l'agenda della maggioranza: «Il governo nazionale aveva già una sua agenda e noi stiamo rilanciando per un nuovo cronoprogramma». Confusa la risposta a Conte e al suo fronte contro le destre: «Al cittadino non interessa niente se fai il fronte contro la destra, gli interessa se aumenti il lavoro e abbassi le tasse». Però ha detto: «Con il premier mi sono sentito, non parlerei di collocazione». E sul governo ha precisato: «I rapporti di forza non cambiano». Confermata la corsa solitaria nelle prossime regioni al voto, Toscana, Liguria e Puglia. Per quanto riguarda il futuro e le altre regioni, Crimi ha continuato a balbettare: «Vedremo dopo».

Più sfumata la posizione del deputato Sergio Battelli, ancora vicino a Di Maio: «Dobbiamo passare dall'adolescenza alla maturità - dice al Giornale -, ci vediamo agli Stati Generali dove dobbiamo ricostruire tutto, magari rivedere anche il ruolo dell'associazione Rousseau, ma senza polemiche, guardando ai temi del futuro». Continua Battelli, tra i pochi a fare autocritica: «Sono stufo della nostra autoreferenzialità e del nostro sentirci migliori degli altri, dobbiamo decidere se diventare un Movimento solo di denuncia oppure se continuare a costringere le altre forze politiche a venire sui nostri temi».

E il Pd che vuole dettare l'agenda? «Fino a venerdì dicevano che si trattava solo di un voto locale, ora ci sta che siano galvanizzati, ma i numeri parlamentari sono chiari».

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