di Camillo Langone
Ma cos'è questa musica da discoteca araba? I mori sono sbarcati alla marina? Il ristorante ha cambiato nome e religione e anziché chiamarsi Bacco adesso si chiama Allah? È questa l'impressione, la cattiva impressione, avuta dall'Incontentabile appena sedutosi alla tavola di Franco Ricatti, ristoratore di lungo corso rientrato a Barletta dopo un non breve intermezzo a Bari, corso Vittorio Emanuele (indirizzo visitato qualche anno fa insieme a Gianpiero Borgia, il regista teatrale, e fu la migliore cena pugliese di sempre). Forse Ricatti si è convertito per convenienza, come il protagonista dell'ultimo romanzo di Houellebecq, «Sottomissione»... Forse doveva compiacere un socio del Qatar, forse lo allettava l'idea di una seconda moglie... L'incubo finisce al momento dell'aperitivo: vino. Allora è ancora un ristorante per cristiani, che sollievo.
Allora la fastidiosa (molto fastidiosa) musica orientale non è un fatto religioso ma soltanto estetico, relativo alla categoria del kitsch divulgata decenni fa da Gillo Dorfles: dicesi kitsch un prodotto culturale scadente e fuori luogo, privo di originalità e di contesto. Non che lo spumante Antinori servito in apertura sia il massimo dell'autoctonia ma, perlomeno, scadente non è. L'Incontentabile avrebbe preferito il Bombino magistralmente spumantizzato dalla Cantina D'Araprì nella non lontana San Severo oppure, ancor meglio, un buon bianco fermo scaturito da questa Puglia di vigne generosa: perché mai tutto ciò che non è rosso oggi dev'essere effervescente, agitato? Non si potrebbe stare un po' tranquilli, almeno dal punto di vista enologico? Pare non sia possibile, le bollicine ti perseguitano nella ristorazione alta come in quella bassa, e conquistano scaffali su scaffali sia nelle enoteche che nei supermercati. Siccome tutto ha una ragione anche questo fenomeno una ragione ce l'avrà. Psicologica, viene da pensare. Il bicchiere spumeggiante potrebbe essere una forma di compensazione, il tentativo di rendere frizzante una vita resa piatta dalla bonaccia economica.
Comunque sia l'Incontentabile si considera l'ultimo seguace di Mario Soldati ed è convinto di essere l'unico italiano del ventunesimo secolo che condivida i gusti e i disgusti (soprattutto i disgusti) del grande scrittore novecentesco: «Lo champagne non è quasi vino. È un prodotto raffinatissimo e calcolatissimo: una bibita chimicamente perfetta, da consumare, secondo me, quando non c'è di meglio».
Per fortuna, da Bacco, di meglio c'è. C'è il Moscato di Trani secco di Villa Schinosa, sulla scia del Moscato (sempre secco, sempre di Trani) prodotto da Franco Di Filippo: sono vini fantastici con le ostriche, il problema è farlo sapere ai mangiatori di ostriche. C'è il rosa della Tenuta Rasciatano, un vino barlettano finalmente, oltre che la bottiglia perfetta quando qualcuno ordina carne e qualcun altro pesce. C'è infine un passito Malvasia più Chardonnay ma di questo non si sentiva l'esigenza, sia perché dispiace vedere snaturata la povera Malvasia, sia perché dopo tanto mangiare e tanto bere un vino così alcolico e dolce risulta stancante. Da Bacco si beve tanto vino anche perché bere acqua è difficile: i bicchieri preposti sono neri, non si capisce mai se sono vuoti o pieni, e alla seconda tracimazione si rinuncia. Chissà se questo cromatismo disfunzionale è un errore del ristoratore o un dispetto del dio del vino verso chi osa snobbarlo proprio in un suo tempio.
Il lettore malizioso avrà capito che l'Incontentabile si dilunga sui molto criticabili dettagli extra-piatto perché sui piatti che escono dalla cucina di Bacco c'è poco da opinare. Molto lodevole è l'impostazione territoriale, sulla costa pugliese nient'affatto scontata. I milioni di locali e localini della vicina Trani contemplano una sola cucina, la cucina qualunquista di mare, una cucina che non capisci nemmeno se sei in riva all'Adriatico o allo Jonio o al Tirreno, da tanto è priva di peculiarità.
Da Bacco invece apri la carta e lo capisci subito di essere in Puglia: due piatti a base di lampascioni! L'Incontentabile va pazzo per queste cipolle selvatiche e rischia di perdere lo spirito critico. Non sia mai: il soufflé non lo discute ma i lampascioni bolliti li avrebbe preferiti più amari, più atavici, meno ingentiliti.
Un altro merito di Bacco consiste nel mantenersi onnivoro nonostante la minacciosa avanzata di pescetariani e vegani, e lo dimostra la presenza in carta di proteine virili come quelle garantite da involtini di cavallo e capretto glassato.
La tiella barese (riso, patate, cozze, zucchine) e i classici spaghetti coi ricci sono altri due episodi da citare. La lista dei dolci è anche troppo lunga, all'Incontentabile sarebbero bastate due righe, una per la granita di melograno, beneaugurante rarità, un'altra per le cartellate, virtuosismo natalizio e post.
De Nittis, il grande pittore di qui, scrive che
furono la felicità della sua infanzia: «Altro non sono se non i dolci di miele dell'antichità. Sono sfoglie di pasta sottili come carta, ritagliate con una rotella nelle più svariate forme, avvolte in piccoli rotoli...».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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