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I buoi scappati

Davanti al raid degli hacker che hanno paralizzato i sistemi informatici della Regione Lazio, minando la nostra sicurezza digitale, è naturale chiedersi se lo Stato sia preparato a questa guerra da fantascienza

I buoi scappati

Davanti al raid degli hacker che hanno paralizzato i sistemi informatici della Regione Lazio, minando la nostra sicurezza digitale, è naturale chiedersi se lo Stato sia preparato a questa guerra da fantascienza. Meno naturale è accorgersi che non lo è, perché la politica al «prevenire è meglio che curare» ha sempre preferito il «promettere di curare è meglio che prevenire».

Gli esperti di cybersicurezza spiegano che il 95% dei sistemi informatici è a rischio e che siamo in ritardo di dieci anni. Come se fosse normale non aver fatto nulla, confidando nel favore delle stelle. I cittadini installano l'antivirus, montano l'antifurto e sottoscrivono delle assicurazioni. Invece certa pubblica amministrazione brancola in un'imbarazzante miopia snobbando ogni precauzione, anzi piazza in ruoli strategici i nominati dalla politica. È il Paese che arriva a tempo scaduto, dove ogni stalla viene chiusa solo a buoi fuggiti.

Qualche esempio. Infrastrutture: crolla il Ponte Morandi e ci si accorge che solo il 2% di 1,5 milioni di ponti viene controllato, che gli ispettori effettivi sono pochi, che gli investimenti in manutenzione sulle autostrade sono calati del 7%. Si sapeva già, ma sono servite quarantatré lapidi a fare da promemoria. Sanità: in 18 anni si è passati da 5,8 posti letto ogni mille abitanti a 3,6; dal 2009 al 2017 si sono persi 8mila medici; i governi da Monti in poi hanno cancellato 37 miliardi di aumenti di spesa; il piano pandemico non era aggiornato dal 2006. Poi arriva il Covid e salta tutto. Chi lo avrebbe mai immaginato... Dissesto idrogeologico e terremoti: sappiamo che 7 milioni di italiani vivono in zone vulnerabili, che il 44% del territorio è a rischio sismico, che 1,3 milioni di edifici sono a rischio alluvione. Eppure nessuno pulisce i greti dei fiumi, che puntualmente esondano.

La realtà è che la prevenzione è un investimento politicamente perdente. È impopolare perché costa molto e in pochi ne percepiscono i benefici. È «in negativo»: non migliora le condizioni di vita, al massimo evita un peggioramento. In sostanza, non porta un solo voto. E se i governi si succedono a ritmo sincopato, nessuno - di nessun colore politico - può permettersi di destinare parte delle (poche) risorse disponibili in operazioni così poco mediatiche. Meglio annunciare stanziamenti emergenziali con l'opinione pubblica ancora sotto shock per qualche disastro.

Per questo la congiunzione astrale dei fondi europei del Pnrr è l'unica speranza per invertire la rotta. Perché solo un governo immune dalla campagna elettorale permanente e con a disposizione i quattrini per interventi strutturali può lavorare in prospettiva, rimettere in sicurezza il sistema, modernizzarlo, renderlo più efficiente senza sprechi in provvedimenti clientelari.

D'altronde è questo che il popolo (bue o non bue) chiede alla politica: non chiaroveggenti, ma custodi più attenti della stalla. I partiti della maggioranza dovrebbero ricordarlo quando minano la tenuta del governo con i loro bisticci per guadagnare un decimale nei sondaggi.

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