Cronache

I mendicanti che frugano nelle tasche

I mendicanti che frugano nelle tasche

Una grande cabina armadio: questo è diventato il Paese, in tempi di legge finanziaria. Tutti a infilare le mani nelle vecchie giacche, nella speranza di trovare una banconota o anche monete, va bene tutto. Non è più questione di politica. Ormai siamo alla caccia al tesoro, dietro a chiunque abbia sufficiente conoscenza non dell'economia, parola grossa, ma dei soldi, che sappia immaginare dove i cittadini possano avere qualche risorsa cui attingere. La grande tristezza è che i tesoretti sono già stati trovati e prosciugati da tempo. Allora i segugi, pur di tornare col malloppo in bocca, mettono le mani dove non dovrebbero: attaccano il borsellino.

Un'immagine squallida e miserabile? La politica non è, dopotutto, redistribuzione delle risorse? Dipende. Se ci fosse un progetto sociale, anche la caccia al tesoro avrebbe un senso. Ma qui navigano a vista, per strappare un mucchietto di consensi come si può, fin dove si può. La tassa sulla plastica, a cui hanno messo l'abitino verde, e sulle bibite zuccherate, contro l'obesità per risparmiare sulla sanità: certo, come no? Quella sulle merendine invece no, forse toglierebbe più voti di quanti ne procurerebbe il suo gettito. Poi, il caso delle auto aziendali è emblematico. Prima decidono di tassarle al 100%, ignorando che si tratta di uno strumento usato al 70% per lavoro e al 30% come benefit, infatti già tassato dal 1997. Poi capiscono che l'hanno fatta grossa e scendono al 60% (con i soliti distinguo insulsi sulle emissioni) come se uno lavorasse per il 40% del tempo forse loro. Ma dov'è il disegno? Qual è il quadro politico? Si cercano soldi, per dare soldi, per avere voti. Nello stagno che Renzi gli ha prosciugato quando ha impedito l'aumento dell'Iva, proprio per mandarli in crisi di astinenza. Era quello l'ultimo tesoretto: l'hanno capito troppo tardi. Se fossero furbi, attaccherebbero quota 100, ma il Giggino nazionale ne ha fatto la sua «ridotta Bastiani».

Poi ci sono gli strumenti non economici. Facciamo qualche esempio. Impedire lo sfruttamento del giacimento Fortuna Prospect tra Grecia e Puglia, in nome di una bandierina ecologista che finirà per farci importare lo stesso gas, solo per ripagare quegli elettori del Tap e dell'Ilva, la cui fine è segnata. Oppure, lanciare il trappolone della Commissione sull'antisemitismo, bandiera dal candore accecante che tuttavia l'opposizione non ha visto e c'è cascata in pieno, salvo poi spiegare e giustificare quando i buoi erano scappati. Forse perché indossava gli occhiali da sole, utili a maneggiare l'altra grande distrazione di massa, gli sbarchi. Proprio con questi occhiali sarà proposta la diatriba sul rinnovo degli accordi con il governo di al-Serraj. Laddove la questione con la Libia è economica più che sociale, da quando nel 2011 la Francia ha gettato il Paese nel caos, per riaprire la partita energetica a favore della Total. I migranti sono l'arma che una fazione usa verso di noi, per ricevere aiuti economici, ma il nostro interesse è ben altro: tenere una sponda radicata in Africa, dove si gioca la principale partita economica del secolo.

Questa è politica e di questo dovrebbe discutere una maggioranza, quando decide dove e come impiegare quelle risorse che, ricordiamolo sempre, non ci sono. Ogni legge di bilancio in deficit mette in conto sempre e comunque un appesantimento del debito, che è quanto stiamo preparando per i nostri figli. Mentre noi in privato facciamo il mutuo per lasciargli una casa, in pubblico la politica sparge manciate di soldi a destra e a manca, per comprarsi una dose.

Una dose di voti, ma sempre una dose.

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