I sovranismi incrociati che ci strangolano

Per qualche settimana la mancanza del nemico ha azzittito la parte della politica che vive solo di quello

I sovranismi incrociati che ci strangolano

Per qualche settimana la mancanza del nemico ha azzittito la parte della politica che vive solo di quello. Il nemico attuale, il virus, è talmente enorme che nessuno ha osato cercarne altri. Ma come insegna Ennio Flaiano, anche il marziano in giro per Roma dopo un po' viene a noia. Così il dibattito sugli eurobond ha subito riacceso gli animi degli euroscettici, per usare un eufemismo. Il che, intendiamoci, non sarebbe un male in assoluto: le voci che si alzano, da giorni, a favore di un'Europa solidale sono le più diverse. Basta citare Mario Draghi, non esattamente un estremista nazionalista, che si è esposto sulla necessità di poter fare più debito.

E sono in tanti quelli che, da posizioni autorevoli del sistema finanziario ed economico italiano ed europeo, considerano la reazione comunitaria alla pandemia come il banco di prova per il futuro dell'ideale stesso di un'Europa unita. Lo ha detto chiaramente, ieri sul Giornale, Gregorio De Felice, il capo economista della prima banca italiana, Intesa Sanpaolo. A ben guardare, infatti, il tema non è Europa o non Europa; euro o fuori dall'euro. Il punto è che l'Unione europea nasce per difendere i suoi cittadini, renderli più forti nel mondo, fornire loro una sicurezza in più rispetto a quella che si ha dentro ai confini nazionali.

Se di fronte alla pandemia l'Unione non riesce ad aiutare i suoi cittadini più sofferenti, a «unirli», per l'appunto, allora significa che non esiste. E questo proprio perché al suo interno prevalgono i sovranismi. Cioè quegli stessi sentimenti ideologici, politici o elettorali che minacciano di voler uscire dall'Unione o dall'euro.

Quando Matteo Salvini si scatena e dice: «Dedico un pensiero di schifo e vergogna all'Europa, si sono presi 15 giorni di tempo per decidere, perché a Berlino e Bruxelles non hanno capito che la gente sta morendo»; aggiungendo poi che «questo è un covo di serpi e sciacalli. Prima sconfiggiamo il virus, poi ripensiamo all'Europa. E, se serve, salutiamo. Senza neanche ringraziare».

Quando Salvini si esprime così reagisce, a modo suo, alle chiusure di alcuni Paesi - come Austria e Finlandia, guidati dall'Olanda, sostenuti dalla Germania e fuori dall'eurozona seguiti da Ungheria e Polonia - di fronte a provvedimenti in deficit, a debito e soprattutto agli eurobond.

Ma dimentica, Salvini, che a ispirare la linea di questi Paesi è lo stesso nazionalismo che alimenta il consenso della Lega e degli altri movimenti antieuropeisti.

Proviamo a ribaltare la situazione e a pensare a un'Italia senza troppi Btp, a un'Olanda superindebitata e ad alcuni ricchi «lander» tedeschi dove si muore come in guerra per il virus: siamo sicuri che i nazionalisti di noialtri non farebbero le stesse pressioni per evitare di spendere i nostri soldi per aiutare i cittadini di Utrecht o di Amburgo?

Sono le due facce del sovranismo, uguali e contrarie. Entrambe letali per gli ideali e il futuro di un continente geografico, politico ed economico.

Come e più del virus.

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