Politica

I tre allarmi: ecco perché Draghi deve restare

Se tre indizi fanno una prova, in questi giorni di metà autunno rischiamo di contare non una, ma molte prove del fatto che il motore della macchina draghiana non marci più a pieni giri.

I tre allarmi

Se tre indizi fanno una prova, in questi giorni di metà autunno rischiamo di contare non una, ma molte prove del fatto che il motore della macchina draghiana non marci più a pieni giri. Stiamo parlando di economia. Che è poi la cifra su cui più si misura l'azione del governo. Ebbene, nella sola giornata di ieri sono suonati diversi allarmi, idealmente rumorosi come quelli che partono durante la notte da negozi o appartamenti. Primo allarme: la Borsa milanese, che ha perso più dell'1,1% per i contagi crescenti, risultando il listino peggiore d'Europa. Secondo: nelle stesse ore il presidente della Banca centrale tedesca, Jens Weidmann, ha allertato il mercato su una imminente stretta dei tassi d'interesse. Terza sirena, quella della Banca d'Italia, che avverte: se la crescita perdesse slancio, l'Italia si scoprirebbe il Paese più vulnerabile. Ma gli allarmi di ieri suonano all'interno di una cornice dove ci sono tre questioni minacciose: quella dell'inflazione, fenomeno che pensavamo aver dimenticato come una malattia estinta, ma che la crisi della globalizzazione post-pandemica ha prima riportato in vita, e poi spedito nelle nostre case attraverso i prezzi dei prodotti di consumo di base, più cari di un anno fa nell'ordine del 3%. Poi c'è il tema delle tasse, con la riattivazione delle cartelle esattoriali che riguardano milioni di famiglie e piccole imprese. E infine quello del lavoro, con il disallineamento tra chi lo cerca invano, e chi non riesce a trovare addetti specializzati.

La sinfonia di allarmi porta in un'unica direzione: il rallentamento della crescita. Con il rischio che allo straordinario 2021 italiano (con il suo +6,2% di Pil) faccia seguito un biennio che ci ricacci in fondo alla classifica europea. Per scongiurare questa iattura il governo punta sull'avanzamento del Pnrr, il piano per spendere 200 miliardi di fondi europei di qui al 2027. Ma questo è l'ultimo dei grandi allarmi di questi giorni, perché si moltiplicano i segnali che il Pnrr si stia incagliando sul territorio a causa del forte deficit di capacità amministrativa. La ripresa dei contagi non fa che aggiungere ansia e paura che potrebbero presto invertire il segno delle aspettative degli italiani, oggi ancora rivolte al bello.

Di fronte a variabili fuori dal suo controllo, non c'è una ricetta per l'operato del governo. Ma di certo, togliere ogni incertezza sulla durata aiuterebbe a ridare forza alla sua azione.

E ora ce ne sarebbe bisogno almeno quanto un anno fa.

Commenti