Cronache

Immigrati, tutte le polveriere d'Italia

Migranti, risse e rivolte. Non solo Torino, ecco dal Veneto alla Sicilia tutti i focolai accesi dell’emergenza profughi

Immigrati, tutte le polveriere d'Italia

Le chiamavano tensioni sociali. Erano l'incubo di sindaci e amministratori che fiutavano il clima sempre più avvelenato di città arrabbiate e di periferie geografiche e sociali. Ora sono la realtà raccontata nelle scene da guerriglia urbana, in risse, rivolte, proteste, barricate, interventi di agenti in antisommossa. Si raccolgono i cocci lasciati dalla rivolta al Moi, l'ex villaggio olimpico di Torino occupato da migranti, mercoledì sera teatro di scontri con gli ultrà. Ma i focolai di violenza si sono già accesi da nord a sud, mentre l'incendio dell'esasperazione è divampato con quello dell'emergenza immigrazione. Anche in Sardegna, dove la pressione degli sbarchi continua a crescere, sono arrivate le bombe, non solo carta. Pochi giorni fa un agriturismo in provincia di Olbia destinato a trasformarsi in un centro di accoglienza è stato distrutto da un ordigno rudimentale. La settimana prima il prefetto di Cagliari Giuliana Perrotta ha ricevuto una busta con due proiettili, dopo che l'ex scuola di polizia penitenziaria di Monastir, nel Cagliaritano, individuata per ospitare migranti, era stata devastata da un incendio dell'ottobre scorso.

Eppure si ripeteva con convinzione che l'accoglienza diffusa, quella dei due migranti ogni mille abitanti, insieme ai piani del Viminale per i percorsi di integrazione, avrebbe favorito la convivenza tra le comunità e gli stranieri. Tanto che quando la spia di una rivolta che sarebbe stata ben più diffusa si accese nel 2015 nel piccolo paese di Quinto di Treviso, con le fiamme a una struttura che doveva ospitare richiedenti asilo, tutto venne derubricato a un brutto episodio che non rappresentava il paese. Ma nelle sue viscere, dalla provincia ai capoluoghi, scorreva già il fiume carsico della rabbia: le baraccopoli e i centri di accoglienza da migliaia di profughi ammassati senza alcuna occupazione, diventavano potenziali polveriere. Alcune sono scoppiate. In altre l'equilibrio si regge su un filo di lana.

Al centro di accoglienza di Cresseglio di Arizzano, Verbania, dieci giorni fa sette uomini della Squadra mobile, dell'Arma e della Finanza sono finiti al pronto soccorso con lividi e contusioni dopo una lite scoppiata tra gli ospiti. A Palermo per la terza volta nel centro di accoglienza di via dei Mille è esplosa la guerriglia dei migranti sul pocket money, che ha reso necessario l'invio di polizia e carabinieri. Sono stati danneggiati arredi e suppellettili, gli accessi alla struttura bloccati da un cordone di richiedenti asilo.

E poi, ci sono i quartieri, come pentole a pressione: ad Archi Cep, alla periferia Nord di Reggio Calabria, una cinquantina di residenti non tollera più il centro di prima accoglienza con 300 minori non accompagnati, dopo le molestie, anche a sfondo sessuale, denunciate ai danni di donne nel percorso dalla fermata del bus fino a casa o in strada. Scene già viste a Calizzano, nell'entroterra savonese, dove il sindaco ha «invitato» i 40 migranti ospitati in un hotel del paese a non utilizzare i mezzi pubblici negli stessi orari degli studenti, dopo episodi «poco piacevoli» subiti da alcune ragazze.

Regole di convivenza che spesso saltano e talvolta sfiorano la rissa collettiva. Ad agosto un migrante nordafricano ha rischiato di essere linciato dai passanti al porticciolo turistico di Marina Piccola, a Cagliari, ed è stato denunciato per atti contrari alla pubblica decenza. I carabinieri sono intervenuti prima che l'ira di un gruppo di padri presenti con propri bambini si scatenasse contro di lui.

Manifestazioni, slogan e striscioni, quando non barricate, hanno scandito giorni e mesi di località arrivate alla saturazione dei posti disponibili per l'accoglienza, da Bagnoli a Cona, nel Veneziano, e da quelle che di posti non ne hanno mai concessi.

E poi, l'inferno dei grandi ghetti. Da Mineo a Rignano Garganico, dove gli auspici della buona gestione dell'emergenza si sono sciolti da tempo nell'illegalità di baraccopoli governate dal caporalato.

Qui, a luglio, una lite è finita nell'omicidio di un 34enne.

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