A Imola il primo concerto nell'estate del "terrore" tra elicotteri e soldati

A Imola il primo concerto nell'estate del "terrore" tra elicotteri e soldati

A Imola il primo concerto nell'estate del "terrore" tra elicotteri e soldati

Scendi dal treno e ci sono subito i cani antibomba con poliziotti armati. Controllo immediato. Bei tempi (si fa per dire) quando ai concerti i cani erano tutt'al più antidroga. Ora, più che uno spinello, cercano un potenziale idiota imbottito di esplosivo che vuole distruggere la voglia occidentale di condividere e stare insieme. Imola, primo grandissimo evento musicale italiano dopo la strage alla Manchester Arena del 22 maggio. Ottantatremila spettatori, biglietti venduti mesi fa in poche ore a tempo record. Suonano i resuscitati Guns N' Roses, uno dei loro brani simbolo è Welcome to the jungle, ma qui è Welcome to the war, benvenuti al primo concerto in tempo di guerra. «Nel 1998 ho organizzato qui il concerto di Vasco Rossi e c'erano centomila persone con soltanto 32 poliziotti di guardia - spiega il promoter Roberto De Luca di Live Nation -, ma da allora è cambiato il mondo».

In effetti...

Da allora il personale di sicurezza è aumentato del 15% e arriva a 550 persone, circa uno ogni 145 spettatori. Le forze dell'ordine, suddivise tra carabinieri, guardia di finanza e polizia, sono di più. Il responsabile non vuole dare il numero preciso, ma fonti sicure parlano di parecchie centinaia, oltre 500, senza contare alcune decine di poliziotti della scientifica in borghese mescolate tra il pubblico. Lo scenario, diciamocela tutta, è gioioso perché è uno dei concerti più attesi della stagione (e il più atteso in assoluto per una generazione di rockettari). Ma per gli spettatori è una sorta di pellegrinaggio della speranza, per di più sotto un sole tropicale. A settecento metri dall'autodromo dove c'è il palco inizia già il calvario dei «jersey», le barriere di cemento disposte a spina di pesce. Per capirci, sono quelle che vogliono stroncare «l'effetto Nizza» con il camion che fa strage falciando la folla. «Ma devono essere disposte in modo tale da consentire l'accesso ai mezzi di soccorso», spiega De Luca. È una lenta processione a zig zag, sia con l'auto che a piedi. Poi, superati i primi controlli, quelli che impediscono l'ingresso di zaini troppo grandi, bottiglie di vetro e lattine, c'è il controllo forse più importante. Quello mirato. I carabinieri hanno il metal detector e scansionano ciascuno degli oltre ottantamila in fila. Ognuno arriva dopo aver attraversato speciali corridoi «filtranti», che sono interrotti ogni venti o trenta metri da cancelli che assottigliano la fila. Le chiamano «fasi di camminamento a blocchi per il frazionamento della gente». Obiettivamente un lungo percorso che diventa sempre più lungo man mano che si avvicina l'ora del concerto e l'affluenza aumenta. Per di più, un elicottero della polizia continua a sorvolare l'autodromo perché si valuta anche la possibilità di un attacco terroristico via drone.

Poi, nell'area sottostante la collina Rivazza, di fronte alla quale è stato montato un palco imponente, ci sono barriere antipanico rafforzate con speciali congegni che fungono da cuscinetto e ne consentono l'abbattimento in caso di fuga oceanica. Uno scenario di guerra per un concerto di pace. Mentre la band arriva nei camerini, la folla è ancora in attesa di entrare. Ma tutto è pacifico. Tutto in ordine. Sono lontani i tempi delle contestazioni ai concerti e sembrano vecchi pure quelli dei «portoghesi» che tentavano di entrare senza pagare. Il pubblico ha accettato che siamo in un altro periodo e bisogna rispettare esigenze di sicurezza una volta inimmaginabili. Cambierà l'affluenza ai concerti? Finirà il rito collettivo dello show rock? «Dopo i fatti di Manchester le prevendite non sono per nulla diminuite. Non c'è stato nessun calo, nessuna richiesta di restituzione, anzi: forse le vendite sono addirittura aumentate», spiega De Luca.

Forse il pubblico ha capito la differenza tra il caso di Manchester (concerto a pagamento dove il terrorista si è fatto esplodere fuori dall'Arena proprio perché non era riuscito ad entrarci) e quello di Torino (evento gratuito senza controlli e chiare vie di fuga). Oppure, più semplicemente, in Occidente la voglia di stare insieme e condividere è ancora più forte della paura.

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