Le esigenze di una vita frenetica, senza tempi disponibili neanche per le necessità più importanti che non siano inerenti al lavoro, ha portato la medicina in generale, ed in particolare la chirurgia odontoiatrica, ad adeguarsi.
L'implantologia endossea si divide in due grandi scuole: quella italiana e quella svedese. Quella di scuola italiana è storicamente precedente, meno diffusa, ma concettualmente ancora oggi altrettanto importante quanto la seconda. Alla scuola italiana si deve l'introduzione del primo impianto specificamente progettato per il carico immediato, l'introduzione del titanio nella produzione degli impianti , l'introduzione dell'area di rispetto biologico sui corpi implantari, e la saldatrice endorale. Alla scuola svedese si deve la metodica di osteointegrazione, sviluppata per primo da Per-Ingvar Branemark, basata sul carico differito e tesa a rendere più controllabile il successo dell'intervento implantologico: prevede l'utilizzo di impianti endossei a vite ed a connessione protesica, con carico differito, ovvero attesa di 3-4 mesi in mandibola e di 5-6 in mascella. Il protocollo originale di Branemark è stato variamente modificato così come gli impianti utilizzati, per accorciare i tempi di quiescenza degli impianti ed in definitiva dei tempi generali del trattamento. Con la metodica del carico immediato si è ridotto il numero di pilastri implantari necessari a sostenere le arcate protesiche.Chiediamo un parere al dottor Francini Naldi, medico odontoiatra a Firenze, Milano e Roma (www.efran.it):
«Il carico immediato consiste nell'inserire gli impianti e nella stessa seduta anche i denti, ed è comunque un sistema sperimentato da decenni, ma è indubbio che gli impianti stessi, nel periodo che è necessario all'osteointegrazione, cioè all'osso per attaccarvisi in maniera solida e definitiva, preferiscono non subire carichi che, provocandone micromovimenti, possono compromettere il processo. Se si va a fare la terapia all'estero è necessario portare a compimento il tutto in pochi giorni.La metodica più sicura è quella di usare i denti che non vengono estratti come sostegno di protesi provvisorie fisse, ripeto fisse, che si posizionano nella stessa seduta degli impianti: il paziente entra con la situazione che ha ed esce con gli impianti inseriti ed i denti già nuovi ma provvisori, che consentiranno anche di aggiustare l'estetica del sorriso e la funzionalità nei 4-6 mesi successivi, mentre gli impianti non vengono sottoposti a sforzo, in modo che i definitivi saranno perfetti e verranno installati quando il processo di osteointegrazione sarà giunto a termine in tutta tranquillità».
Chi ha una protesi totale, può fare il sacrificio di portarla ancora qualche mese mentre gli impianti sono all'interno dell'osso, e questo non cambierà molto la vita del paziente ma darà molta più sicurezza al lavoro.
«Riguardo al numero di impianti, molti avranno sentito parlare di All on 4, tutta una arcata,cioè almeno 12 denti, su soli 4 impianti, ma si parla del numero minimo: certamente 6 ma anche 8 impianti per arcata sono più adatti ed assicurano una maggior durata e stabilità». Quali sono le ragioni che hanno portato ad una riduzione del numero degli impianti?
«All on 4 è stato ideato al solo scopo di ridurre il prezzo, non di effettuare una cura migliore, ma quando ci si dedica alla salute delle persone il prezzo non
deve essere una priorità. É giusto e prudente dedicare alla cura del nostro corpo tutto il tempo necessario, soprattutto se si considera che il nostro sorriso ci mette in comunicazione in modo positivo con tutto il mondo».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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