Sono stato malato e ferito in più occasioni, e ho sempre goduto della massima attenzione di infermiere e infermieri. Qualche maledizione interpretativa mi ha contrapposto ad alcuni di loro, senza intenzione e senza ragione, nella polemica con Gigino Di Maio, candidato premier grillino. Ho fatto un preciso riferimento alle condizioni e ai titoli richiesti dalla legge per assumere un ruolo pubblico, e ho puntualizzato che per fare il ministro della Sanità non è richiesta la laurea, mentre essa è obbligatoria per fare l'infermiere. La polemica nasce da un equivoco e, dal momento che proprio l'attuale ministro della Sanità non è laureata, ho aggiunto che «Di Maio è il Lorenzin dei Cinque stelle». Le mie considerazioni erano contro la politica dei dilettanti, non contro l'impegno degli infermieri professionisti. Ho ricevuto lettere, sono stato inseguito dal sindacato infermieri, mi sono arrivate minacce telefoniche, per un equivoco. E non potendomi scusare con Di Maio, che era l'obiettivo delle mie contumelie, posso però invitarlo a laurearsi per fare l'infermiere, augurandomi che non faccia il presidente del Consiglio senza laurea.
Io amo le opere d'arte quanto gli uomini, e considero gli infermieri con lo stesso rispetto che ho per i restauratori, che conservano e ci restituiscono le opere d'arte in buone condizioni. In entrambi i casi sono necessarie esperienza, intelligenza e amore, che valgono ben più della laurea obbligatoria.
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