Infortunio in pausa caffè? Occhio all'assicurazione: cosa succede

Respinto il ricorso di un'impiegata che si è rotta il polso in strada andando a bere un caffè al bar durante la pausa da lavoro: niente rimborso Inail, la donna dovrà anche pagare 5.300 euro

Infortunio in pausa caffè? Occhio all'assicurazione: cosa succede

Tocchiamo ferro quando ci rechiamo al bar sotto l'ufficio a bere un caffè anche con il permesso del nostro responsabile: dovesse capitare un infortunio non saremmo rimborsati. La vicenda ha riguardato un'impiegata della Procura di Firenze che si è vista respingere un ricorso fatto all'Inail (Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro) per essersi rotta il polso mentre si recava al bar per un caffè: uscita dall'ufficio, è caduta in strada ed ha subìto l'infortunio ed un danno permanente del 10%. La Cassazione, però, ha dato ragione all'Istituto accogliendo il ricorso contro la donna perché l'andare a bere un caffè non è considerata un'esigenza impellente e legata al lavoro ma una libera scelta.

Cosa ha detto la Cassazione

Stando a quanto scritto dai giudici, non c'è diritto alla tutela dell'Inail perché l'episodio è stato "scaturito da una scelta arbitraria" e "mosso da impulsi, e per soddisfare esigenze personali, crei e affronti volutamente una situazione diversa da quella inerente l'attività lavorativa". Quindi, per gli Ermellini il caffè non è un'esigenza necessaria e oggettiva come quella, per esempio, di dover andare fisiologicamente in bagno ma si tratta di un'esigenza personale di cui si può fare a meni. Quindi, peggio per chi si fa male.

La Cassazione rincara la dose sottolineando come sia "da escludere la indennizzabilità" dell'incidente spiegando perché la sfortunata impiegata non riceverà nemmeno un euro. Dato che la lavoratrice "durante la pausa al di fuori dell'ufficio giudiziario ove prestava la propria attività e lungo il percorso seguito per andare al bar a prendere un caffè" si è allontanta "dall'ufficio per raggiungere un vicino pubblico esercizio, si è volontariamente esposta ad un rischio non necessariamente connesso all'attività lavorativa per il soddisfacimento di un bisogno certamente procrastinabile e non impellente".

Così facendo, scegliendo di andare al bar a bere un caffè e sfruttare quei pochi minuti di pausa lavorativa, l'impiegata "ha interrotto la necessaria connessione causale tra attività lavorativa ed incidente". E non c'è alcun attenuante se il capo concede la pausa all'impiegato anche se c'è l'accordo tra le parti perché non è collegata a motivi lavorativi.

Oltre al danno, la beffa

In un primo momento, però, la donna che ha subìto l'infortunio aveva vinto in primo e secondo grado davanti al Tribunale e Corte di Appello di Firenze ottenendo dall'Inail l'indennità di "malattia assoluta temporanea" e un indennizzo per danno permanente del 10% a seguito della caduta in strada.

Come riporta Repubblica, l'episodio è accaduto nel luglio del 2010 e, dopo unidici anni dai fatti, non solo ha perso il diritto agli indennizzi ma è anche costretta a pagare 5.300 euro di spese legali e di giustizia.

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