Velocità. È tutta una questione di velocità. Internet ha cambiato le nostre vite, le nostre professioni, le nostre società. Ma le istituzioni, spesso, non si sono adeguate di conseguenza. Ricapitoliamo: la settimana scorsa il commissario europeo per la concorrenza Margrethe Vestager ha pubblicamente annunciato la crociata della Ue contro Google. In soldoni: la colpa del colosso a stelle e strisce sarebbe quella di aver «costretto» i produttori di telefonini a infilare nei loro apparecchi le applicazioni di Google. Ma questo è un problema del quale si occuperanno gli euroazzeccagarbugli con le loro pratiche più bizantine che europee: in media impiegano cinque anni per emettere una sentenza.
Un razzo, rispetto alle tempistiche di casa nostra; qualche era geologica nel tempo in moto perpetuo del web. Risultato? Come ha notato la versione europea del celebre sito Politico, la Ue - anche se dovesse vincere -, perderebbe comunque. Per eccesso di lentezza. Perché tra cinque anni il problema non esisterà più e magari le app di Google saranno state ingoiate dal buco nero dell'innovazione tecnologica, saranno finite nei sottoscala della modernità. E questo vale e varrà per Google, ma anche per Facebook, Uber, Airbnb e tutte le altre società che usano il web come autostrada.
Sono troppo veloci per rimanere immortalate negli autovelox della burocrazia: quando l'euroburocrate ha messo il timbro sulla sua carta bollata, loro sono già svanite, mutate, sorpassate. Per questo i big della rete batteranno sempre questa giustizia e questa Europa.
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