In Italia c'è chi ha esultato alla notizia degli attentati di Parigi e di Dacca. Sono gli islamici radicali detenuti nelle carceri, o almeno una parte di essi. La conferma arriva dal ministro della Giustizia, Andrea Orlando.
Che, in una lunga intervista al Corriere della Sera, ha svelato un particolare inquietante che la dice lunga sul grado di radicalizzazione dei detenuti musulmani a rischio estremismo che sono rinchiuse in quelle che una volta si sarebbero chiamate le patrie galere.
Il sistema carcerario italiano accoglie almeno diecimila musulmani, due terzi dei quali sono praticanti. Fra questi, almeno trecentocinquanta sarebbero radicalizzati e oltre centocinquanta a rischio di diventarlo. Trentanove, infine, gli imputati oper terrorismo.
Almeno cento, secondo i dati del ministero della Giustizia, avrebbero esultato dopo le stragi jihadiste di Parigi e Dacca. Un dato che, "nonostante alcuni abbiano dato mostra di dissociarsi", non può non inquietare.
Il Guardasigilli assicura che la macchina della giustizia mette in campo ogni accorgimento per evitare che la situazione degeneri, spostando frequentemente i detenuti più a rischio da un carcere all'altro e coordinando la cooperazione fra polizia e intelligence per monitorare i movimenti dei sospetti anche una volta scarcerati.
Il controllo, infatti, non può non estendersi ai luoghi di preghiera, clandestini o meno, sparsi in tutta Italia. Perché se è vero che il carcere rappresenta un luogo ad alto rischio di radicalizzazione, è altrettanto vero che all'interno della prigione, almeno, è assicurato un controllo continuo.
Per le moschee, la linea del ministro si riassume nel motto "nè divieti nè zone
franche". In via Arenula sono infatti convinti che vietare la costruzione di moschee non possa che spingere i soggetti a rischio nella zona grigia del radicalismo. La lezione francese deve insegnare. Vigilanza massima, sempre.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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