Cronache

Istat: Italia sempre più vecchia. Diminuisce la "speranza di vita"

Pubblicato "Noi Italia. 100 statistiche per capire il Paese in cui viviamo". Luci e ombre sullo stato di salute dell'Italia

Istat: Italia sempre più vecchia. Diminuisce la "speranza di vita"

Non solo l'Italia è un Paese sempre più vecchio (questo lo sentiamo dire da anni), il dato ancor più negativo è che nel nostro Paese sta arretrando la speranza di vita. Il rapporto Istat diffuso oggi ("Noi Italia. 100 statistiche per capire il Paese in cui viviamo") traccia un quadro negativo del Belpaese, che si può riassumere con questa frase: pochi matrimoni, ancor meno figli e tanti, tanti anziani. L’Italia è un Paese di vecchi, almeno a guardare le statistiche. Al 1° gennaio 2015 si registra un deciso sorpasso: ci sono 157,7 anziani ogni 100 giovani. E 55,1 persone in età non lavorativa ogni 100 in età lavorativa; valori in continua ascesa negli ultimi anni. A fronte di ciò, secondo le prime stime relative al 2015, per la prima volta negli ultimi 10 anni, la speranza di vita alla nascita arretra, con un passo indietro di 0,2 punti per gli uomini (80,1) e 0,3 per le donne (84,7). Nel Mezzogiorno i valori della speranza di vita si confermano al di sotto della media nazionale.

Nel Belpaese hanno poi perso appeal i matrimoni. Con 3,2 matrimoni ogni mille abitanti, l’Italia rimane uno dei paesi dell’Ue28 in cui si va meno a nozze. Nel corso del 2014 in tutte le regioni si è verificata una stasi o un calo, fatta eccezione per il Trentino-Alto Adige. Resiste la tradizione del Mezzogiorno con la nuzialità più alta mentre il Nord-ovest è l’area con meno matrimoni rispetto alla popolazione. Se si pronunciano pochi "sì" è pure vero che ci si dice addio meno che altrove. L’incidenza di divorzi è bassa: 8,6 ogni 10mila abitanti nel 2014; a livello europeo solo Irlanda e Malta registrano valori inferiori (anno 2013). Per le separazioni si sta verificando una convergenza tra le varie aree del Paese (14,8 e 14,6 ogni 10mila abitanti nel Centro-Nord e nel Mezzogiorno) mentre il divario Nord-Sud per i divorzi resta ancora evidente (rispettivamente 9,8 e 6,6). La fotografia scattata dall’Istat mostra, infine, una scarsa propensione ad allagare la famiglia. Continua, infatti, a diminuire il numero medio di figli per donna: nel 2014 si attesta a 1,37 mentre occorrerebbero circa 2,1 figli per garantire il ricambio generazionale. Se si considera l’età della madre, le regioni del Mezzogiorno si confermano, mediamente, quelle con le mamme più giovani.

In Italia oltre 5 milioni di stranieri

Nel Belpaese risiedono oltre 5 milioni di cittadini stranieri (1,9% in più rispetto all’anno precedente) che rappresentano l’8,2% del totale dei residenti. All’inizio del 2015 erano regolarmente presenti 3.929.916 cittadini non comunitari (55mila in più rispetto al 2014). Il flusso in ingresso di cittadini non comunitari verso il nostro Paese risulta in flessione: nel corso del 2014 i nuovi permessi rilasciati sono stati quasi il 3% in meno rispetto all’anno precedente. La riduzione dei nuovi ingressi ha riguardato soprattutto il Nord-est del Paese, mentre nel Mezzogiorno si è registrato un deciso aumento (quasi 8mila in più), a seguito soprattutto degli arrivi per mare di persone in cerca di protezione internazionale. Il grado di istruzione degli stranieri è di poco inferiore a quello degli italiani; tra i 15-64enni quasi la metà degli stranieri ha al massimo la licenza media, il 40,1% ha un diploma di scuola superiore e il 10,1% una laurea (tra gli italiani il 15,5%).

Il Pil pro capite, i consumi e le imprese

Il Pil pro capite nel Mezzogiorno (16.761 euro) è quasi la metà di quello del Nord Ovest (30.821) e poco cambia se si guarda al Nord Est (29.734 euro). I dati sono del 2014, con una media nazionale che a 25.256 euro, la più bassa, stando alle serie riportate, almeno da 10 anni, ovvero dal 2004. I numeri sullo spaccato territoriale non vanno oltre il 2014, lasciando fuori il 2015, anno in cui, almeno a livello nazionale, il Pil è salito dello 0,8%. La quota dei consumi italiani sul Pil si attesta all’80,6% nel 2014, mantenendosi più elevata rispetto alla media dei 28 paesi Ue (77,7%). L’incidenza degli investimenti è poco meno del 17%, in questo caso inferiore alla media europea. Tra il 2010 e il 2014 la produttività del lavoro italiana è aumentata solamente dello 0,3%, un ritmo decisamente inferiore a quello medio europeo.

La crisi economica si è riflessa in un calo del numero delle imprese. Nel 2013 in Italia operavano 62 imprese ogni mille abitanti, un valore tra i più elevati del continente europeo. La dimensione media delle imprese italiane, 3,8 addetti, è di gran lunga inferiore al dato medio europeo (5,9). Il tasso di imprenditorialità (rapporto tra numero lavoratori indipendenti e totale lavoratori delle imprese) si attesta al 30,2% e risulta secondo solo alla Grecia.

Sicurezza, in calo omicidi e rapine, ma crescono i furti

I dati Istat evidenziano che omicidi e rapine sono in calo, ma a fronte di un aumento dei furti: per i primi e le seconde si sono registrati rispettivamente in un numero di casi pari a 0,78 e a 64,5 per 100mila abitanti. In flessione invece i furti denunciati, soprattutto quelli in appartamento (420,9 per 100mila abitanti). Affievolimento delle differenze territoriali, anche se l’incidenza maggiore di omicidi continua a registrarsi in Calabria, con la Campania che invece svetta per il valore massimo di rapine, a fronte del Centro-Nord che presenta i tassi più alti per furti denunciati. È di sesso femminile il 31,1% delle vittime di omicidio, e nel 55% dei casi l’assassino è il partner o l’ex partner. A livello territoriale Umbria e Toscana presentano la percentuale più alta di vittime donne. Nel confronto con i paesi europei l’Italia si conferma in una posizione intermedia per questa tipologia di omicidio. In ogni caso il rischio criminalità si conferma uno dei problemi più sentiti dai cittadini: nel 2015 la quota di famiglie italiane che hanno percepito un elevato rischio di criminalità è salito significativamente (41,1% dal 30% del 2014), riprendendo il trend di crescita interrotto l’anno precedente.

Sul web l'Italia nell'Ue è indietro

L’Italia è indietro nell’uso del web: la posizione nazionale è decisamente inferiore alla media Ue28 (75% nel 2014) solo Bulgaria e Romania fanno peggio di noi. Nel confronto europeo, anche la diffusione della banda larga nelle famiglie italiane è inferiore alla media dei 28 paesi (78% nel 2014), i valori più elevati si registrano nel nord Europa. Secondo l’ Istat, gli utenti di Internet nel nostro paese sono il 60,2% (circa 34 milioni 500mila persone), ma solo il 40,3% si connette quotidianamente. La totalità delle regioni del Centro-Nord ha livelli di uso di Internet superiori al valore nazionale, nel Mezzogiorno la quota è più bassa. L’uso della rete è fortemente collegato all’età, con una quota di utenti che decresce progressivamente dopo i 24 anni. Ad eccezione dei più giovani, l’uso della rete è ancora caratterizzato da forti differenze di genere. Riguardo la banda larga, dal 2006 è aumentata la quota di famiglie che dispongono di una connessione veloce per accedere a Internet da casa, con quasi due terzi delle famiglie che nel 2015 utilizzano una connessione a banda larga.

Il Mezzogiorno, e in particolare la Calabria (56,6%), si trovano in posizione svantaggiata.

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