Istronico e bugiardo. Passato da dimenticare ​con una vita al limite

Un simpatico sciagurato. Dalla violenza subita a 13 anni in collegio agli eccessi tra escort e cocaina

Istronico e bugiardo. Passato da dimenticare ​con una vita al limite

Non ho ancora capito, dopo oltre una dozzina di anni, se Lapo sia una cosa vera e seria oppure un cartoon, una marionetta mossa da un puparo pazzo, se sia genio autentico o idiota totale, talento incompreso o comprensibilissimo sciagurato. Fugge a se stesso. Da sempre ha avuto il vizio di apparire e scomparire. Simpatico, di certo, imprevedibile, pure, fragile, sicuramente. Forse è il Lapo al quale Dante si accompagnava, insieme con Guido, per essere presi tutti e tre da incantamento. L'incantesimo è droga-festini-alcol. Forse è Totò che insieme con De Filippo, in un film del '56, Totò Peppino e i fuorilegge, allestì un finto sequestro per spillare i denari all'avara moglie e spassarsela. No, non c'entra l'Alighieri, nemmeno De Curtis. Non è letteratura, nemmeno cinematografia. È vita. E che vita.

Da sempre gli è piaciuta l'America dove i suoi genitori, Margherita e Alain, decisero di farlo nascere, perché New York è New York mica Villar Perosa. Poco si conosceva della sua infanzia, a parte qualche fotografia raccolta nel libro di Alain, lui accanto al fratello John. Ma, in una sua intervista a Il Fatto, ha rivelato che, all'età di tredici anni, venne violentato nel collegio che lo ospitava, così come un suo compagno di studi che, un anno e mezzo fa, si tolse l'incubo e la vita. L'evento, la violenza, non il suicidio, è stato tenuto nascosto, come una bugia a se stesso ma ha lasciato il segno. È la tesi di Lapo, devo credergli. I suoi compari confermano che il giovane ha vissuto alla grande, sbattendosene di tutto, ma con educazione e rispetto, matrici di casa. Gianni Agnelli aveva intuito che il ragazzino fosse predisposto alla vita bella, prevedendone gli sviluppi, lo aveva affidato a un badante particolare, Henry Kissinger.
Restano, tuttavia, tracce invisibili di quella scuola. La tragedia è una nuvola nera sulle teste della famiglia. Di Giorgio, fratello di Gianni, Umberto, Susanna e delle altre, nulla si scrive o si deve scrivere, ma si sa che si tirò giù da una finestra per suicidio, dopo una vita di margine oscuro; uguale epilogo tragico per Edoardo; un male terribile si portò via, l'erede vero, Giovanni Alberto, figlio di Umberto; e ancora, le baruffe volgari sull'eredità tra figlia e madre, Margherita e Marella.

Quindi Lapo Edovard, angelo e demone, diverso e distante dalla riservatezza piemontarda del clan Agnelli, anzi un goliardico fanfarone, sgrammaticato, mai iscritto al club dei congiuntivi ma compagno di bisboccia, posseduto da un ego sfacciato e da una debolezza caratteriale grandiosa. Carriera al Worldwide Brand Promotion, poi debutto, sotto falso nome, Lapo Rossi, in fabbrica Piaggio secondo abitudini della casa, per capire il lavoro al tornio, parentesi messa da parte per vestire abiti fascinosi, lanciare moda e mode, occhiali, scarpe con decolleté, giacche abbaglianti, indossando i capi dell'armadio di nonno Gianni, il cappottone su tutti, ricevuti in eredità per taglia non per testamento. A lui si deve l'idea della nuova 500. Erano già gli anni della cocaina e del sesso a prescindere.

Lo scandalo pubblico scoppiò il 10 ottobre del 2005: in un tristissimo pied à terre di San Salvario, Lapo venne ritrovato, in coma, drogato, con indumenti femminili, salvato da Patrizia, un trans pugliese inguardabile. Fabrizio Corona, versione sguaiata di Lapo, tentò di distribuire ai media le fotografie del misfatto. Quel mattino era previsto un nostro incontro da lui richiesto per smentire un articolo de La Stampa che lo metteva in cattiva luce. Saltò tutto, Lapo rischiò di morire, ma la vita in ditta proseguì comunque. La nuova vettura venne presentata il 4 luglio del 2007, c'era mezzo mondo a Torino. Erano trascorsi quasi due anni da quella notte, ma il protocollo non invitò Lapo. Mi spiegarono, in lingua fiattina, che forse era stata una dimenticanza. Scrissi «500 meno uno». Il giorno appresso, ricevetti una telefonata da Lapo: mi ringraziò, dicendo come avessi avuto un grande coraggio a sfidare Giuda e gli altri, pronti al bacio e al pugnale, facendomi i nomi. Venne la rinascita, tra nuovi guai notturni a Bois de Boulogne, puttane e affini, sempre oltre, come in collegio, violentando se stesso. Qualche comparsata allo Juventus stadium, idolo dei tifosi, non del club; apprezzamenti da ogni dove, copertine e interviste, come imprenditore, Italia Independent Group, Garage Italia Customs insieme con Carlo Cracco.

Sergio Marchionne gli aveva affidato il Museo dell'Automobile, poi un posto di ad nel cda Ferrari. Il passato sembrava remoto. Ultime da New York: non soltanto la droga, non soltanto il sesso. Ma una infantile. Miserabile. Ultima bugia. Come in collegio.

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