Coronavirus

Tutti i segreti sul monodose. Come funziona il vaccino Johnson & Johnson

Il vaccino prodotto da Johnson & Johnson è il primo monodose, può essere utilizzato dai 18 anni in su e si è già dimostrato altamente efficace: approvato da Ema e Aifa, arriverà in Italia da aprile

Tutti i segreti sul monodose. Come funziona il vaccino Johnson & Johnson

L'Agenzia Europea per i medicinali (Ema) ha autorizzato l'uso del quarto vaccino anti-Covid giovedì 11 marzo 2021: è quello della Johnson & Johnson, multinazionale americana fondata nel 1886 che da oltre 130 anni sviluppa dispositivi medici e prodotti farmaceutici.

Ecco l'efficacia nei trials

Nella giornata del 12 marzo, anche la nostra Aifa (Agenzia Italiana del Farmaco) si è espressa in modo favorevole approvando il vaccino su scala nazionale. "La Commissione tecnico-scientifica (CTS) dell’Agenzia", si legge in un comunicato dell'Aifa, "ha confermato la valutazione dell’EMA sull’efficacia del vaccino che nelle forme gravi arriva fino al 77 % dopo 14 giorni dalla somministrazione e all’85% dopo 28 giorni dalla somministrazione. I dati attualmente disponibili hanno mostrato che nei soggetti over 65 non si è notata alcuna flessione nella efficacia. Il vaccino Janssen, il quarto approvato, si aggiunge come un’altra utile opzione con un beneficio rilevante nel contrasto alla pandemia". I risultati di uno studio clinico che ha coinvolto oltre 44mila persone negli Stati Uniti, in Sud Africa e nei paesi dell'America Latina hanno rilevato che il vaccino Janssen è stato efficace nel ridurre del 67% del numero di casi Covid sintomatici dopo 2 settimane. Nella fase tre, però, l'efficacia ha raggiunto l'85% di protezione contro le forme gravi della malattia.

Come funziona il vaccino Janssen

Il vaccino statunitense, valido per tutti dai 18 anni in su, è il primo ad essere monodose, un vantaggio non da poco sia per il raggiungimento dell'immunità completa (in meno tempo) sia per il rischio, evitato, di saltare la seconda dose se questa non fosse disponibile a causa degli scarsi approvvigionamenti di questo periodo. È costituito da un altro virus (un adenovirus) modificato per contenere il gene per la produzione della proteina spike Sars-Cov-2, la proteina che serve al virus per entrare nelle cellule del corpo. L'adenovirus trasmetterà il gene Sars-Cov-2 nelle cellule della persona vaccinata: a questo punto, il sistema immunitario della persona riconoscerà la proteina spike come estranea, produrrà gli anticorpi e attiverà le cellule T (globuli bianchi) per bersagliarla. L'adenovirus contenuto nel vaccino non può riprodursi e non causa malattie. Un altro punto di forza è la conservazione in frigo, come per i tradizionali vaccini contro l'influenza e la sua durata è molto lunga, fino addirittura a tre mesi. La decisione favorevole dell'Ema apre le porte alla consegna di 200 milioni di dosi del vaccino Johnson & Johnson all'Unione Europea nell'ambito di un contratto che prevede un'opzione per altri 200 milioni. A partire da aprile arriveranno le prime 55 milioni di dosi da distribuire ai Paesi europei tra cui l'Italia, che ne ha acquistate 26 milioni ed arriveranno divise tra secondo, terzo e quarto trimestre del 2021.

"Gestibile, dati molto promettenti"

"Johnson & Johnson ha una strategia su singola dose che sembra dare i suoi risultati: vedremo a corsa lunga quanto proteggerà ma i dati sono molto promettenti. Si può gestire nel frigo come quello di casa e questo favorirà la decentralizzazione delle vaccinazioni in particolare al medico di base, che come ha gestito l'antinfluenzale può gestire anche questo. Questo dovrebbe facilitare, accelerare e migliorare la nostra capacità di distribuire vaccini", ha affermato al nostro giornale il Prof. Giovanni Di Perri, Direttore del Dipartimento di Malattie Infettive dell’Ospedale Amedeo di Savoia e della Scuola di Specializzazione in Malattie Infettive dell’Università degli Studi di Torino. Mentre tutti gli altri finora approvati (Pfizer, Moderna, AstraZeneca e Sputnik V) funzionano con due somministrazioni, quello di J&J è il primo che ne ha bisogno di una soltanto. Come mai? C'è un rischio effettivo nel somministrare una invece di due dosi? "Se sono tarati su un disegno sperimentale, evidentemente la quantità di antigene prodotta dal vaccino è tale che non necessita di una seconda dose", rassicura Di Perri. Un'altra differenza con gli altri, però, probabilmente c'è. "Può darsi che i vaccini vettoriali, cioè quelli veicolati da un frammento di adenovirus, siano vaccini che agiscono un po' più lentamente rispetto a quelli ad Rna messaggero: questo fa si che la protezione possa arrivare un po' dopo rispetto al momento di inoculazione ma, sul lungo periodo, potrebbe comunque essere qualcosa di altrettanto efficace", dice l'esperto. Quindi, nessuna preocuppazione per chi possa pensare che una dose sia peggio di due. "Non si dà metà vaccinazione, semplicemente è progettato con una strategia immunizzante che necessita di una sola inoculazione", sottolinea.

La scelta di "Ad26"

J&J gode anche di una particolare credibilità in questo settore perché l'unico vaccino vettoriale prima del Covid commercializzato, è stato sviluppato proprio da J&J contro l'Ebola entrando in commercio nel dicembre 2019, alle soglie della pandemia Covid. "I ricercatori lavorano da molto su questa piattaforma adenovettoriale: hanno un adenovirus, il 26, che è stato selezionato perché tende molto meno degli altri vettori virali a stimolare l'immunità verso se stesso: noi non vogliamo che il corpo si immunizzi contro il vettore ma contro la proteina che viene poi costruita quando l'informazione genetica è stata veicolata verso le altre cellule che hanno a loro volta prodotto questa proteina - ci spiega Di Perri - Ma può succedere che ci si immunizzi contro l'adenovirus: in questo caso, la scelta dell'adenovirus 26 sembra una scelta estremamente non casuale ma rivolta al tentativo di rendere più inerte possibile il ruolo del vettore". Questo 26, che a noi non esperti appare soltanto come un numero, in realtà contraddistingue "un tipico adenovirus delle scimmie antropomorfe che non infetta gli umani ed è stato anche ridotto geneticamente in modo che non si possa replicare", aggiunge l'infettivologo.

"Efficace anche contro le varianti"

"Il vaccino prodotto da Johnson&Johnson ha un'efficacia nel prevenire le infezioni sintomatiche paragonabile a quella di AstraZeneca. Ha il vantaggio di prevedere una sola somministrazione e, come già anticipato, ha un'efficacia molto elevata nell'evitare le forme gravi: nello studio condotto in cui il gruppo sottoposto alla vaccinazione ha coinvolto quasi 22mila persone non sono stati osservati casi di Covid-19 con esito fatale o che hanno richiesto il ricovero ospedaliero. Si tratta di risultati molto importanti, considerando che lo studio è stato condotto anche in Brasile e Sudafrica, dove erano diffuse le varianti del virus": è quanto ha affermato in esclusiva al giornale.it il Prof. Giuseppe Remuzzi, Direttore dell'Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri Irccs. Per concludere, un cenno anche agli effetti collaterali: durante i trials si sono rivelati generalmente lievi o moderati e risolti entro un paio di giorni dalla vaccinazione.

Tra i sintomi più comuni si sono avvertiti dolore al sito di iniezione, mal di testa, stanchezza, dolori muscolari e nausea (qui il foglietto illustrativo del vaccino).

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