Cronache

I russi, il protocollo Sputnik e l'addio dei dirigenti: ombre sullo Spallanzani

Pensionamento anticipato per due dirigenti dello Spallanzani dopo l'accordo con Mosca sulla sperimentazione di Sputnik e l'accesso a dati sensibili: ecco tutti i punti da chiarire

I russi, il protocollo Sputnik e l'addio dei dirigenti: ombre sullo Spallanzani

Il "giallo" dell'accordo tra l'Istituto Spallanzani di Roma e il corrispettivo Gameleya di Mosca che diede libero accesso ai russi a numerosi database con dati sensibili, ha provocato due "vittime" illustri all'interno del più importante Centro sulle Malattie Infettive che abbiamo in Italia: subito dopo l'avvio del protocollo, Maria Capobianchi e Nicola Petrosillo hanno accelerato i tempi per la pensione anticipata. Proprio loro due che, per primi, hanno isolato il Covid in Italia (Capobianchi) e curato la coppia di cinesi (Petrosillo). Come mai? Desiderio di riposarsi dopo una lunga vita di ricerca? Molto poco probabile: più che altro, il dissenso per l'avvio delle sperimentazioni sul vaccino russo Sputnik mai preso in considerazione né dall'Ema (Agenzia europea per il Farmaco) e neanche dalla nostra Aifa. Dallo Spallanzani, "stranamente", invece si.

"Mai stato consultato..."

"Da questa storia voglio assolutamente restare fuori", aveva dichiarato la dottoressa Capobianchi a Repubblica, non confermando ma neanche smentendo i perché dell'addio. Stessa sorte per il prof. Petrosillo, che lascia trapelare più informazioni che avvalorano la tesi del suo allontamento dallo Spallanzani non per motivi di anzianità. "Sulla collaborazione con i russi non sono mai stato consultato. Leggevo sui giornali, mi dicevano che c’erano russi in Istituto, ma nonostante fossi un capo dipartimento nessuno aveva ritenuto opportuno informarmi - ha dichiarato a Repubblica - Né mi è stato chiesto di condividere dati sui pazienti. Tutto nella regola, sia chiaro". È andato via per questo? "Non ho altro da dire". Insomma, suona come un sì. Come mai Vaia e altri dirigenti hanno ceduto così tanto alle lusinghe dei russi tanto da aprire una collaborazione così stretta e in maniera così repentina?

Le due cose che non tornano

Il giallo si infittisce tant'é che il Copasir (Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica) non esclude che sia necessario andare più a fondo nella vicenda come sta già accadendo per i tentativi di spionaggio russo ai danni delle basi militari italiane di Ghedi e Amendola. Nel memorandum Roma-Mosca era previsto che i russi avessero libero accesso "alle banche biologiche dell’Unione europea per gli agenti virali", che lo Spallanzani conserva, all'interno delle quali si trovano informazioni super segrete per i Paesi Nato tra cui gli studi su eventuali vaccini contro le armi batteriologiche. Perché questa "benevolenza" nei confronti dei russi? E poi, perché lo Spallanzani ha deciso di avviare gli studi clinici su Sputnik con dichiarazioni dell'assessore D'Amato che non lasciavano scampo a fraintendimenti. "Se non lo farà l’Europa, lo farà l’Italia. E sono non lo farà l’Italia lo farà il Lazio" diceva l’8 aprile 2020.

Il caso diventa politico

La storia della sperimentazione sta diventando anche un caso politico perché i punti oscuri della vicenda sono ancora tanti: i russi hanno davvero consultato i nostri dati sensibili? "Nulla di riservato è stato condiviso", ripete il direttore sanitario, Francesco Vaia, che tra poche ore sarà nomintato direttore generale nonostante si trovi nell'occhio del ciclone. E poi, perché incaponirsi con Sputnik rifiutato dagli enti regolatori italiani ed europei? Purtroppo, non esistono registri o documenti che possano certificare cosa abbiano fatto davvero i russi, quali siano state le loro attività, cosa hanno preso e cone no. Non solo, ma nell'accordo era previsto "uno scambio" di informazioni tra i due Istituti che nella realtà dei fatti non è mai avvenuto, nessuno dei nostri è stato al Gameleya di Mosca. Mai. Si è trattato di uno scambio a senso unico, un ossimoro.

Sono tanti, troppi i punti oscuri che non sarà facile chiarire ma che è un dovere portare alla luce.

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