Cronache

L'appello dei familiari delle vittime al Papa: "Preghi anche per noi"

I familiari delle vittime di delitti efferati scrivono a Papa Francesco: "Le riveliamo di avere avuto una fitta al cuore nell'ascoltare le sue ripetute preghiere per i carcerati, ma nessuna parola per noi vittime"

L'appello dei familiari delle vittime al Papa: "Preghi anche per noi"

Quando tutto sarà finito torneremo ad abbracciarci. Le famiglie separate dall'emergenza sanitaria si potranno riunire, sotto lo stesso tetto, attorno alla stessa tavola. Una prospettiva che ad alcuni è negata. Sono le persone a cui la crudeltà umana ha strappato un genitore, un figlio, un fratello.

Gente come Andrea Masini, 42 anni. La vita di suo padre Ermanno, pensionato di 64 anni, è stata troncata di netto nel maggio del 2013 dalle picconate di Adam Kabobo. Non si dà pace per la morte violenta di sua madre neppure Manilo Tomassini. La signora Daniela, vedova di 66 anni, è stata picchiata selvaggiamente e strangolata nel suo appartamento una mattina di sei anni fa. Anche la mamma di Simone Benati, Mirella, è stata sopraffatta dalla furia di due killer, che l'hanno finita a colpi di bottiglia per poche decine di euro. Il signor Valentino Vaccaro, invece, ha perso il figlio Matteo, 28 anni, raggiunto da un colpo di pistola al petto. La sua colpa? Aver scacciato dal ristorante di famiglia un gruppo di balordi.

Quelli di Andrea, Manilo, Simone e Valentino sono solo alcuni dei tanti nomi in calce alla missiva indirizzata dall'Osservatorio nazionale sostegno vittime a Papa Francesco, che in più occasioni ha ricordato la difficile situazione dei detenuti nelle carceri, sovraffollate e minacciate dall'epidemia. Una lettera vergata dal dolore e dalla rabbia di chi è rimasto. Di chi ha dovuto fare i conti con sentenze ingiuste e di chi ancora non ha neppure un verdetto contro cui potersi scagliare. Le parole pronunciate dal Santo Padre, per loro, sono stati dei fendenti.

Così hanno preso carta e penna e si sono raccontati. Hanno messo nero su bianco le loro storie. È una cronaca dei fatti che hanno stravolto le loro esistenze e un appello. "Non è nostra intenzione metterci in competizione con la sofferenza e il dolore di chi, per un reato compiuto, deve scontare una pena in carcere, vogliamo solo farle sentire la nostra voce, la nostra sofferenza", si legge nella missiva.

"Siamo esseri umani - proseguono - che, durante il loro percorso di vita, hanno dovuto affrontare prove di dolore terribili per mano di altri esseri umani. E anche in queste ultime settimane, durante e dopo le rivolte in carcere dei detenuti, ascoltare sempre e soltanto parole di comprensione e sostegno in loro favore da parte di chi ha ruoli istituzionali e mediatici molto importanti, senza che mai nessuno si ricordi del dolore che ogni giorno proviamo noi, non può che aumentare il nostro senso di abbandono".

I familiari delle vittime si sentono degli invisibili, degli appestati, si definiscono dei "signori nessuno". "È per questo che le riveliamo di avere avuto una fitta al cuore nell'ascoltare le sue ripetute preghiere per i carcerati, ma nessuna parola per noi vittime". Andrea, Manilo, Simone e Valentino sanno perfettamente che nessuno potrà restituirgli gli affetti perduti. Conoscono i tempi e la farraginosità della giustizia.

Non chiedono un miracolo, ma solo una benedizione e una preghiera. "Le chiediamo di pregare anche per noi, per alleviare le nostre sofferenze, il nostro sconforto e la mancanza dell’affetto dei nostri cari uccisi.

La ringraziamo per il suo sostegno, che certo non mancherà, e per la sua preghiera, che sarà per noi una carezza sul cuore".

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