L'altro giorno la direttrice dell'Agenzia delle entrate, Rossella Orlandi, ha usato un linguaggio davvero poco adeguato al proprio ruolo, sostenendo che quanti non hanno già risposto all'invito ad avere un approccio collaborativo, e il riferimento era allo spesometro, conosceranno «il lato oscuro» della struttura da lei diretta. Se insomma non aiuteremo lo Stato a spremere sempre più i contribuenti, sarà l'Agenzia delle entrate a trovare il modo per farci comportare diversamente.
Più di ogni altra cosa colpisce che un funzionario dello Stato non si limiti a fare il proprio dovere, sulla base delle norme che altri hanno redatto, ma che invece pretenda di mettersi in cattedra, in nome di una presunta superiorità morale.
Una società che muore per il gravame delle imposte, oltre che per l'inefficienza e la complessità di una burocrazia che toglie ogni spazio d'azione ed erode tempo e serenità a famiglie e imprese, si trova insomma sul banco degli imputati: e questo perché colui che solitamente si rappresenta quale servitore dello Stato pretende di essere l'interprete di un'etica incontestabile e punta il dito contro di noi.
Per giunta, tutto ciò ha luogo in un'Italia che assiste a una progressiva perdita di prestigio del ceto politico-burocratico nell'insieme e specificamente dell'Agenzia stessa.Basti ricordare l'episodio che ha riguardato gli stilisti Dolce e Gabbana, assolti in Cassazione perché «il fatto non sussiste», dato che era loro legittima facoltà optare per la legislazione fiscale più conveniente. Due tra gli interpreti di maggior prestigio della nostra imprenditoria sono insomma stati messi alla gogna e condannati a pagare una somma rilevante, ma alla fine tutto si è sgonfiato perché mancavano gli estremi giuridici.
Ancora più grave è la vicenda dei 767 dirigenti dell'Agenzia nominati senza concorso. Qui, davvero, abbiamo di fronte a noi il «lato oscuro» di un sistema che nel suo insieme non rispetta in alcun modo le regole più elementari. Per giunta, quando qualche contribuente si chiese se gli atti provenienti da funzionari incaricati in maniera illegittima fossero anch'essi illegittimi, l'Orlandi invitò i cittadini a non fare ricorso perché sarebbero stati «soldi buttati». La direttrice dell'Agenzia si dimenticò, insomma, che un tale giudizio è bene che venga da un giudice, e non da un semplice funzionario.
Nell'insieme di queste vicende, dominate da un linguaggio ormai incapace di mantenersi entro argini ben definiti, quello che più colpisce è come oggi il potere quasi voglia togliersi ogni maschera: manifestandosi quale pura forza. Quando chi dispone di noi usa un tono intimidatorio e non ha più timore a manifestare il carattere del tutto tenebroso del proprio agire, si ha l'impressione che ogni ipocrisia sia venuta meno.
I nostri sovrani hanno effettivamente i mezzi necessari a dominarci e ne fanno l'uso che più ritengono opportuno al conseguimento dei loro scopi.Quanto meno, come nella favola di Andersen, ora possiamo dire che «il re è nudo».Carlo Lottieri- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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