Lavoro e crisi. Mamme d'Italia le più "vecchie" di tutta Europa

Lavoro e crisi. Mamme d'Italia le più "vecchie" di tutta Europa

La vita è un rischio sul futuro, e i figli sono la dimostrazione evidente di un'apertura all'avvenire, talvolta intrapresa con spensieratezza, con paure, in modo irrazionale o con calcoli meditati: tuttavia, alla fine, quando si mettono al mondo i figli ciò che prevale è sempre una scommessa sul futuro. Uno studio di Eurostat indica in 31 anni la media delle madri italiane che mettono al mondo il primo figlio. Ovvio che anche i padri abbiano un'età non più giovanile, e il risultato inevitabile è la progressiva perdita di natalità che assegna un record negativo al nostro Paese nel contesto occidentale. Madri sempre più anziane, nascite sempre più in calo. Anche Bankitalia sottolinea le conseguenze economiche della forte diminuzione italiana delle nascite: «Negli ultimi 25 anni e con ogni probabilità nel futuro, la demografia ha dato e darà un contributo diretto sensibilmente negativo alla crescita economica». Un allarme che non può riguardare soltanto le conseguenze economiche e che deve preoccuparci per come in Italia la politica abbia affrontato il modello di sviluppo sociale. Facile mettere subito sotto accusa la modesta attenzione dei nostri governi verso il sostegno alla famiglia e in particolare alla donna.

Tutti sanno quali difficoltà incontra una madre quando è inserita nel mondo del lavoro: dal possibile licenziamento alla gestione dei suoi piccoli quando ha la fortuna di non perdere il posto. A tante complessità organizzative - oltre che economiche - sono chiamati a rispondere i nonni: un paradosso che appare grottesco se non si cogliesse la sua evidente drammaticità. Ma come sempre, a fondamento di importanti problemi economici e organizzativi, ci sono altre questioni di carattere esistenziale. Domandiamoci, allora, quanto una donna abbia voglia di interrompere la libertà, la spensieratezza anche, della sua vita, impegnandosi con la formazione di una famiglia. D'accordo: ci sono tempi in cui circola più denaro e ce la si passa bene, altri in cui sono maggiori le ristrettezze, ma anche in questo caso, facendo di necessità virtù, una donna riesce a trascorrere discretamente la propria esistenza tra amici, weekend e qualche festa. In ogni caso la responsabilità di un figlio viene a ridimensionare decisamente questo tipo di libertà. Un edonismo à la carte che una donna cerca di prolungare nel tempo, senza tenere conto dell'orologio biologico con cui un giorno dovrà fare i conti, e il più delle volte non le torneranno.

Se facciamo le somme di tutto questo, non è difficile comprendere quell'ultimo posto che occupano le madri italiane in base alla loro età nella realtà europea. Fattori economici indiscutibili come la scarsa attenzione al sostegno alla famiglia e al lavoro della donna. Una società del benessere che accoglie ogni donna a braccia aperte: basta accontentarsi, e un figlio è già un problema.

Credo, però, che il vero motivo, quello profondo che determina questa perdita della natalità italiana e l'aumento dell'età delle madri, sia la paura del futuro che porta a non scommettere sulla vita aperta all'avvenire. Una paura che cancella il piacere verso un futuro da affrontare con i propri figli. Prevale quella edonismo à la carte, semplice, immediato da fruire, senza grandi progetti. Sono convinto che le giovani donne non abbiano più il coraggio di sognare, di trasformare i sogni in idee e le idee in realtà.

Chi non ha il coraggio di sognare è vecchio e ha paura del futuro: ci si ferma a ciò che si è, e ci si accontenta di ciò che si ha. Un modesto egoismo, figlio di un modello di sviluppo sociale che non sa guardare oltre il proprio naso.

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