Cronache

"Tanti irregolari...". La bomba variante indiana sui sikh in Italia

In provincia di Latina maxi indagine epidemiologica sulla comunità sikh. Corsa contro il tempo per isolare i positivi: "Ci sono 15mila irregolari, non sappiamo nulla di loro"

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"Che io sappia nessuno qui è stato al Kumbh Mela, non è una ricorrenza sentita per chi viene dal Punjab", ci assicura Gurmukh Singh, presidente della Comunità indiana del Lazio. Lo incontriamo nel suo negozio di alimentari a Borgo Hermada, nel comune di Terracina.

Il telefono di Gurmukh è una specie di centralino. "Sto cercando di rintracciare i connazionali che sono rientrati prima dello stop ai voli, invitando tutti a mettersi in contatto con le autorità sanitarie". Il calcolo del portavoce indiano è approssimativo: ci parla di un migliaio di persone arrivate in Italia negli ultimi quattordici giorni, di cui 300 si troverebbero proprio nella pianura pontina. Qualcuno di loro può aver importato la variante indiana del virus anche nel Lazio?

Il compito di chiamare a raccolta i connazionali glielo ha affidato il prefetto di Latina, Maurizio Falco, nel corso di una cabina di regia con dirigenti della Asl, sindaci dei comuni della provincia e capi religiosi della comunità asiatica. Tutto è cominciato con la scoperta di due persone positive alla nuova mutazione del virus in Veneto. Si tratta di due cittadini indiani, padre e figlia, rientrati il 7 aprile a Villaverla, in provincia di Vicenza, dopo aver partecipato al pellegrinaggio induista di Kumbh Mela, nell’Uttar Pradesh.

Così adesso l’allerta è massima anche nell’Agro Pontino. Qui la comunità indiana conta una folta rappresentanza: circa 30mila persone, quasi tutti braccianti nelle aziende agricole della zona. La metà sarebbero irregolari e a questo punto iniziano i problemi. "La difficoltà sta proprio nel tracciamento di questi 15mila irregolari: non abbiamo idea di dove siano, ecco perché sono stati coinvolti i leader religiosi che con il loro carisma dovrebbero riuscire a intercettare anche gli invisibili", ci spiega Roberta Ludovica Tintari, sindaco di Terracina.

Dal primo marzo ad oggi, i casi di positività accertata all’interno della comunità indiana sono stati 275, di cui 37 tra gli alunni delle scuole di Sabaudia, Pontinia e Latina. Un dato che, pur non incidendo su quello dei contagi complessivi, "per la singola comunità è significativo", ha sottolineato nei giorni scorsi il prefetto Falco. Queste le premesse della vasta indagine epidemiologica in corso sulla comunità sikh del territorio pontino. Il timore è che qualcuno, di ritorno dall’India, possa aver contratto la nuova variante, potenzialmente più contagiosa e refrattaria agli anticorpi.

C’è da dire che sinora i risultati sono rincuoranti: nessuna traccia della mutazione indiana nei primi tamponi analizzati dagli specialisti dell’Istituto Spallanzani di Roma. "Dal 19 aprile sono 15 i campioni arrivati dall’Asl di Latina allo Spallanzani, su 9 è stata trovata la variante inglese e su 6 è in corso il sequenziamento genomico", rende noto l’Ansa che cita fonti sanitarie.

"Bisogna completare rapidamente gli screening ed isolare adeguatamente gli infetti, soprattutto nel caso dei lavoratori stagionali, che possono arrivare a vivere anche in dieci in soli 40 metri quadri, in una condizione di grande promiscuità che permette al virus di propagarsi velocemente", ragiona Pierpaolo Marcuzzi, vicesindaco di Terracina. Gurmukh è d’accordo. Ha lavorato per anni come bracciante, e sa bene che per la manodopera impiegata nei campi è impossibile rispettare le indicazioni sanitarie e isolarsi: "Tanti ragazzi vivono insieme per pagare l’affitto e non hanno un posto dove passare la quarantena, poi magari quando c’è un positivo a casa gli altri vanno nei campi lo stesso per non perdere il lavoro".

Intanto il ministro Speranza è corso ai ripari con una nuova ordinanza. Un provvedimento che estende il divieto di ingresso anche agli arrivi dal Bangladesh, e dispone il rafforzamento delle misure di isolamento per alcune categorie di viaggiatori. Sì, perché dal subcontinente indiano continua comunque ad arrivare chi risiede in Italia, chi si deve ricongiungere alla propria famiglia e chi è autorizzato dal Ministero della Salute per inderogabili motivi di necessità. È il caso dei 214 passeggeri sbarcati ieri sera all’aeroporto di Fiumicino da Nuova Delhi. Ebbene, queste persone, adesso, trascorreranno il periodo di quarantena in strutture dedicate o Covid hotel.

Qualcuno però si chiede perché queste misure non siano state adottate prima. "L’India è uno dei Paesi al mondo dove il Covid è più diffuso, le istituzioni sapevano benissimo che in questo periodo sarebbero arrivati da lì migliaia di lavoratori stagionali", tuona Sara Kelany, coordinatrice degli enti locali del Lazio per Fratelli d’Italia. "Le condizioni in cui vivono gli appartenenti a questa comunità e il mancato rispetto degli obblighi di quarantena non sono certo una novità", va avanti. Insomma, l’epilogo era prevedibile.

"Da Speranza – chiude – è arrivato l’ennesimo provvedimento tardivo, quello che è accaduto con la Cina non ci ha insegnato nulla".

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