La Lega di governo resta senza benzina

La Lega di governo resta senza benzina

A Palazzo Chigi hanno cerchiato in rosso sul calendario due date, considerate da Giuseppe Conte «determinanti» per i destini del governo. Sono mercoledì e giovedì della prossima settimana, le 48 ore in cui si capirà - dopo molte accelerazioni e altrettante repentine frenate - cosa davvero vuole fare Matteo Salvini. D'altra parte, ormai è tutto nelle mani del leader della Lega. Visto che né il premier, né tanto meno Luigi Di Maio hanno alcuna intenzione di far saltare il banco. Anzi, pur di restare al loro posto - anche se con motivazioni diverse - sono sostanzialmente disposti ad accettare qualunque compromesso.

Palla a Salvini, dunque. Che si prepara a gestire due passaggi cruciali prima che si chiuda definitivamente una già strettissima finestra elettorale e che la politica se ne vada a sonnecchiare sotto l'ombrellone. Con la consapevolezza che, a settembre, difficilmente questo governo potrà avere ancora del carburante che gli consenta una navigazione che possa andare oltre la legge di Bilancio. A prescindere dalle polemiche dell'ultima settimana sul cosiddetto Russiagate e dal braccio di ferro sulla riforma dell'autonomia differenziata, infatti, è proprio questo uno dei principali argomenti di tutti quelli che nella Lega stanno spingendo Salvini a staccare la spina: «Su cosa puntiamo a settembre? Quale sarà il nostro cavallo di battaglia per dare un senso a questa alleanza che soprattutto al Nord i nostri elettori fanno sempre più fatica a comprendere»? Sicurezza e immigrazione, infatti, stanno lentamente esaurendo la loro spinta propulsiva. Mentre, a parte il gigantesco problema delle coperture, per la flat tax c'è la resistenza del M5s che difficilmente permetterà a Salvini di farne un tema centrale senza che diventi argomento di rissa politica.

Insomma, il rischio è quello dello stallo. Che per gli aerei è il primo pericoloso passo verso un fragoroso schianto. Per questo il pressing su Salvini è sempre più forte. Quello di Giancarlo Giorgetti, ma pure quello dei governatori del Nord. Che ieri hanno picchiato durissimo contro il governo. «Conte ora ha davanti a sé due strade: o ci presenta il testo sull'autonomia differenziata o getta la spugna. Ma se getta la spugna manda all'aria tutto», dice il presidente del Veneto Luca Zaia. Gli fa eco Attilio Fontana, stupito che «Conte sia coinvolto in questa cialtronata» che è l'intesa sull'autonomia come è adesso. Sottotraccia, però, serpeggia qualche perplessità pure su come si sta muovendo Salvini. In molti, infatti, faticano a capirne la strategia. A meno che, è il senso de ragionamento fatto in privato proprio dal governatore della Lombardia, non ci sia qualche ragione a noi ignota che lo costringe a giocare di rimessa. Di certo c'è che ormai è difficile trovare un leghista che non pensi sia arrivato il momento della resa dei conti. Due giorni fa, persino un fedelissimo come il sottosegretario all'Interno Nicola Molteni in privato non faceva mistero di aver superato la soglia di sopportazione.

Come andrà a finire, dunque, lo sapremo la prossima settimana in quelli che saranno i due giorni del Condor del governo Conte. Il primo mercoledì pomeriggio, quando il premier riferirà al Senato sul Russiagate. Di certo, Conte prenderà le difese del ministro dell'Interno, ma c'è da capire come e con che toni. Anche perché non è un mistero che Salvini avrebbe volentieri evitato la grancassa del passaggio parlamentare che invece il presidente del Consiglio ha preteso in nome della «trasparenza» e del «rispetto» verso il Parlamento. Di fatto, ha tenuto sotto i riflettori la vicenda e ha tirato per la giacca il vicepremier leghista, che infatti mercoledì sarà in Senato e, dopo Conte, dirà la sua sui presunti finanziamenti di Mosca al Carroccio. Peraltro, ancora non è chiaro se lo farà dai banchi del governo oppure da quelli della Lega, quindi in qualità di senatore più che di membro dell'esecutivo. Una differenza niente affatto formale.

Il secondo giorno clou sarà giovedì, quando dovrebbe tenersi - ma ovviamente non è stato ancora convocato formalmente - il Consiglio dei ministri in cui si dovrà far chiarezza sulla riforma dell'autonomia differenziata. Il testo sul quale c'è ad oggi il via libera di Conte e del M5s non va affatto bene alla Lega ma, ripeteva in privato ancora ieri Conte, «è il compromesso migliore che si possa raggiungere».

Perché il nodo delle risorse finanziarie che lo Stato dovrebbe trasferire alle regioni «impone dei limiti» e «più di questo non si può fare». Insomma, o Salvini si adegua o Conte torna sui suoi passi. Oppure - ma dopo mesi di manfrine e sceneggiate ad uso e consumo di spin doctor e media è legittimo dubitarne - si arriverà davvero al redde rationem.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica