Politica

Legge elettorale per blindare un patto debole

Legge elettorale per blindare un patto debole

A Montecitorio, in uno dei corridoi dei «passi perduti» che costeggiano il Transatlantico, Matteo Richetti, uno dei rari piddini che voteranno contro il Conte bis, parla delle scosse che rischiano di terremotare la geografia della politica italiana. «Non possono chiedermi si sfoga di votare questo governo spiegandomi che Di Maio è un giovanotto che ha mostrato coraggio. Siamo seri. Certo c'è l'occasione di un cambio della legge elettorale, di un proporzionale che può riaggregare un'area centrale. Ma è tutto da vedere. Secondo me Matteo (Renzi, ndr) ha sbagliato perché ha ridato spago a tutti quelli che gli hanno sparato contro. Ma lui è convinto della bontà dell'operazione. Mi scrive sms in cui mi annuncia che a ottobre farà i suoi gruppi parlamentari. Tutto è in movimento. Anche nella Lega c'è sofferenza. Basta parlare con Giorgetti e Zaia per dedurre che se a Salvini capita qualche guaio... russo o giù di lì... può cambiare anche qualcosa là dentro. Purtroppo, lo so per esperienza personale, la politica è anche questo in Italia».

Poche pennellate che fanno capire come il Conte bis, nella mente di molti, segna un cambio di fase, o, ancor meglio, dovrebbe garantire il passaggio da una stagione politica, o per usare la retorica enfatica di un tempo, da una Repubblica, ad un'altra. Un territorio inesplorato, di cui ancora non si conoscono i contorni. E che ognuno descrive a modo suo. I ragionamenti di personaggi come Massimo D'Alema o Romano Prodi, riecheggiano, ad esempio, gli schemi degli anni '90, dell'Ulivo o delle coalizioni di tutti contro uno, all'epoca il Cav. In particolar modo la nostalgia per un maggioritario che negli anni è diventato un'altra cosa. Roba passata, però, polvere di stelle di un tempo che fu. Un po' come i cinepanettoni con Boldi e De Sica. Visioni che inducono a volte anche altri all'errore: il sogno di un bipolarismo fondato su Salvini e Zingaretti ad esempio - è stata la ragione che ha portato in un primo tempo il segretario del Pd ad assecondare l'ipotesi delle elezioni anticipate.

Poi, però, ti accorgi che la realtà è diversa, scopri che il presente è tutt'altro. Spiega Stefano Ceccanti, costituzionalista piddino: «Il maggioritario è arrivato in Italia dopo la caduta dell'impero sovietico, quando ci si è accorti che la vittoria di entrambi i poli non avrebbe messo a rischio la nostra collocazione internazionale. Ora, invece, l'ipotetica vittoria sovranista potrebbe determinare l'uscita dall'euro, dall'Europa. Un disastro. Ecco perché anche un fan del maggioritario come me si è convertito ad un sistema che eviti il tutto il potere a uno. Appunto, il proporzionale». E a parte qualche nostalgico, Salvini e la Meloni, la conversione è collettiva. Profonda. «Prodi parla degli anni '90 osserva Alfredo D'Attorre di Liberi e Uguali ma non ha capito che siamo finiti in un altro mondo. Introdurre il proporzionale è l'unica ragione per cui il Conte bis deve stare in piedi». Un teorema che anche un personaggio come Pier Luigi Bersani, sposa in pieno. «Io credo spiega che stiamo riprendendo la strada del bipolarismo. Un bipolarismo, però, che ha bisogno di flessibilità, dove i grillini potrebbero anche rappresentare il centro. Il proporzionale serve a questo».

Già, il proporzionale è il sistema che asseconda la metamorfosi, che potrebbe tramutare la centralità di cui ha goduto nell'ultimo anno Salvini, nella sua emarginazione. Tant'è che il leader della Lega è pronto alle barricate per scongiurarlo, alla chiamata alle armi di tutti, anche degli alleati che fino a ieri ha disdegnato, come il Cav: «Berlusconi deve decidere se sta con me o con Renzi!».

E naturalmente, per il motivo opposto, gli altri vogliono condurre in porto l'operazione. Al costo di appoggiare un governo che non entusiasma nella sua composizione. «Sicuramente osserva Renzi non è il dream team. Tutt'altro. Ma se uno pensa in che condizioni eravamo un mese fa e che ora, alla fine, abbiamo fregato Salvini, beh, non è un successo da poco. Ed è esattamente il contrario di ciò che dicono sia D'Alema, sia Prodi, ahimè! Questo non è un nuovo bipolarismo, questa è la vittoria del proporzionale». Una tesi che in fondo è una lettura obiettiva di quanto è accaduto: se uno avesse dovuto seguire le regole del maggioritario saremmo andati alle urne; quella parte di proporzionale, già contenuta nell'attuale legge elettorale, ha, invece, offerto l'alibi per formare, per il Conte bis, una maggioranza diversa, se non opposta, a quella del Conte uno. Ora chi è al governo, a cominciare dai grillini, vuole una scelta chiara, una legge elettorale del tutto proporzionale, non più una via di mezzo. Per la maggioranza del Pd e della sinistra, poi, è addirittura una condizione sine qua non per appoggiare la riduzione dei parlamentari, provvedimento di bandiera dei grillini nel nuovo governo. Per molti è l'unico strumento per evitare che alle prossime elezioni, quando saranno, Salvini possa prendersi una rivincita: del resto il maggioritario è funzionale alla comunicazione politica del sovranismo dove uno slogan è un tweet, visto che è matematicamente impossibile contenere in una frase di 240 caratteri - per parlare dei nostalgici a sinistra del maggioritario - un ragionamento di D'Alema (l'indimenticabile dalemone) o un sermone di Prodi. Senza contare che il proporzionale potrebbe mettere in moto un processo di disarticolazione e riaggregazione dei soggetti politici. Non è un segreto che Bersani e compagni stiano trattando un rientro nel Pd; e, ancora, che Renzi stia immaginando di fondare un suo partito. Sia pure in una logica di alleanza. «È un processo che tutti vedono di buon occhio ha spiegato lo stesso Renzi ai suoi perché aumenterebbe la capacità di rappresentanza dell'area di centro e di sinistra: solo che io vorrei che fossero loro a dare il via alle grandi manovre; loro, invece, che cominciassi io. È il solito gioco dei furbi». Un'operazione che, ovviamente, finirà per interessare l'intera area centrale dello schieramento politico. A cominciare da Forza Italia. «L'aver scongiurato le urne è il ragionamento della forzista Renata Polverini ha dato il tempo e l'occasione di salvare pure Forza Italia.

Bisogna vedere se nel partito c'è questa consapevolezza: perché possiamo salvarci e darci una prospettiva politica tutti insieme; o, in caso contrario, ognuno lo farà per proprio conto».

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