Coronavirus

L'emergenza non frena le trame giallorosse

Non è la prima volta - e forse non sarà l'ultima - che un evento di partito detta l'agenda di un governo

L'emergenza non frena le trame giallorosse

Non è la prima volta - e forse non sarà l'ultima - che un evento di partito detta l'agenda di un governo. Chiedere a Enrico Letta, che fu defenestrato da Palazzo Chigi perché la direzione del Pd aveva deciso di sostituirlo con Matteo Renzi. Storia recente, ma non in tempi straordinari e di pandemia, con il Paese a interrogarsi su un possibile lockdown generale e su coprifuoco territoriali che sono già realtà. Eppure, nonostante l'emergenza in corso e le prospettive niente affatto rosee dei mesi a venire, la politica continua a muoversi secondo ferree logiche di Palazzo.

Così, nella tanto attesa conferenza stampa di due giorni fa, davanti a circa 18 milioni di italiani, Giuseppe Conte dice poco o niente di nuovo sulle misure anti Covid ma spara a zero sul Mes, tema notoriamente divisivo all'interno della maggioranza che lo sostiene. E non lo fa perché casualmente gli è stata posta una domanda sul tema, ma - confermano a microfoni spenti da Palazzo Chigi - per scelta consapevole e ponderata. Dopo aver «concesso» al Pd la modifica dei decreti sicurezza, dunque, adesso è il momento di agevolare Luigi Di Maio in vista degli Stati generali del M5s in programma a Roma il 7 e 8 novembre. Un appuntamento potenzialmente esplosivo per il Movimento. Così, il premier decide di mettere la tenuta della kermesse grillina al primo punto dell'agenda. Per decidere sul Mes, ha infatti confermato ieri, è «opportuno definire questo passaggio» agli Stati generali del M5s. Tutto il resto può attendere, a prescindere che sia o no opportuno utilizzare i 36 miliardi di euro che con il Mes potrebbero essere destinati proprio alle spese sanitarie.

Anche in tempi di pandemia, insomma, queste sono le urgenze che contano. Senza considerare che il «no» netto al Mes di domenica sera - poi in parte ritrattato ieri con un «valuteremo» - ha fatto andare su tutte le furie il Pd. Che formalmente è sempre stato pro Mes, ma che da settimane svicola consapevolmente sulla questione. Il ministro dell'Economia Roberto Gualtieri, infatti, teorizza da tempo il rischio dello «stigma» nel caso l'Italia sia l'unico Paese Ue a utilizzare quella linea di credito (il che potrebbe portare ad un aumento dello spread). E anche il governatore di Bankitalia Ignazio Visco è dello stesso avviso. Ragion per cui pure Nicola Zingaretti si sarebbe alla fine convinto a metterlo da parte. Il tutto, però, doveva essere gestito sottotraccia, senza che Conte infilasse un dito nell'occhio al Pd davanti a 18 milioni di italiani. Non a caso, ieri i dem hanno rivendicato la bontà del Meccanismo europeo di stabilità, costretti dagli eventi a insistere pubblicamente per un confronto sul tema che in realtà non vogliono affatto. Una cosa era lasciar cadere il Mes nel dimenticatoio, altra è farlo diventare argomento di scontro politico e concederlo in scalpo agli Stati generali del M5s.

Nonostante l'acceso confronto sul Dpcm, però, la priorità del premier era far sponda al Movimento. E così per 48 ore tutti a parlare di Mes. Pazienza se la questione ha fatto fibrillare e non poco la maggioranza, nonostante il tentativo di ieri di veicolare un messaggio di unità con la conferenza stampa congiunta tra Conte e Gualtieri. Tensioni che molto probabilmente continueranno se è vero, come sostengono nel Pd, che Conte sta cercando una «copertura» nel M5s perché teme di saltare a giugno.

Quando la tornata amministrativa potrebbe sancire una complessiva vittoria dei dem - si vota, tra gli altri, in capoluoghi di peso come Bologna, Milano, Napoli, Roma e Torino - e il semestre bianco sarà ormai alle porte.

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