Scena del crimine

“C’è stata una lite. poi...". Parla l'amico di Liliana Resinovich

È ancora un giallo quello della morte di Liliana Resinovich: ora parla l'amico Fulvio Covalero, il quale si è fatto un'idea sulla dinamica della scomparsa

“C’è stata una lite. poi...". Parla l'amico di Liliana Resinovich

Che cosa è accaduto a Liliana Resinovich? È una domanda che si pongono in tanti da quel 14 dicembre 2021 in cui la donna è scomparsa, e poi con più forza da quando il suo corpo, ricoperto da sacchi di plastica, è stato ritrovato nei primi giorni di gennaio nei pressi dell’ex ospedale psichiatrico di Trieste.

Liliana detta Lilly ha un’immagine mediatica impressa negli occhi dello spettatore, quella di una donna tranquilla, appassionata di viaggi e di attività all’aria aperta, dolce e quasi remissiva. Una bella signora insomma con un ottimo carattere, tanto che due uomini dicono di averla amata. Da un lato c’è Sebastiano Visintin, il marito, dall’altro c’è il presunto amante, Claudio Sterpin.

Lilly aveva anche una famiglia d’origine, un fratello, Sergio, e uno stuolo di conoscenti, forse molti amici. Uno di questi amici, un uomo che la conosce da molti anni, è Fulvio Covalero, concittadino e residente nel suo stesso quartiere: dal giorno della scomparsa di Liliana, Covalero è una figura di primo piano, inizialmente nelle ricerche, e poi anche nei suoi post sui social in cui forse sperava che chi fosse a conoscenza avrebbe detto la verità. I suoi aggiornamenti che iniziavano con “Caro conosciuto” ed erano firmati Lilly sono stati molto citati negli approfondimenti televisivi.

Intanto gli inquirenti continuano a lavorare su due fascicoli: uno aperto per suicidio, l’altro per sequestro di persona. Si è indagato sulle scarpe della donna, sul contenuto dei suoi device elettronici e su tanto altro. Ma ancora non si è giunti allo scioglimento di questo mistero. “Secondo me, lei ha subito una violenta aggressione verbale che le ha causato lo scompenso cardiaco”, confida a IlGiornale.it l’amico Fulvio.

Signor Covalero, come mai ha scelto di mettere nella foto del profilo Facebook uno scatto di lei con Liliana?

“È l’unica foto che ho in cui sono assieme a Liliana, non ce ne sono altre. Ce l’ha scattata Sebastiano nel 2015”.

Cosa le manca di più di Lilly?

“Non ci vedevamo spesso, era più una consuetudine casuale, perché abitavamo nello stesso rione da qualche anno. Per esempio, ci si incontrava per caso al supermercato, mentre facevamo la spesa ognun per sé. Quando succedono queste cose, c’è una consapevolezza che mette tristezza. Poteva passare del tempo, prima, senza vedersi: ora so che non la rivedrò mai più. Non ci sarà più modo”.

Come ricorda il carattere di Liliana?

“È stata una ragazza allora e una donna poi sempre molto dolce. Evitava le discussioni. Ho pensato che qualcuno possa essersi approfittato della sua disponibilità. Andava vissuta con cura, sapendo che c’era, senza approfittarsi del suo carattere”.

C’era qualcosa nel carattere di Liliana che avrebbe potuto metterla in pericolo, per esempio la propensione ad aiutare il prossimo?

“Liliana non si approcciava a nessuno che non conoscesse bene, per quanto si possa dire di conoscere le persone fin nei loro lati nascosti. Io ho saputo di Liliana da Facebook: una persona che non conosco, che non so come sia collegata a Liliana, ha messo un post in cui diceva che Lilly era scomparsa da due giorni. Così ho contattato la stampa locale”.

Perché avete pensato di cercare Liliana Resinovich nei pressi dell’ex ospedale psichiatrico?

“Una precisazione: non ho notizie di altri che si sono attivati nelle ricerche personalmente, a parte una ragazza bionda, che poi mi hanno detto essere la nipote, la figlia di Sergio Resinovich. Questa ragazza un giorno girava nel rione San Giovanni con la foto di Lilly”.

Che lei ricordi, quel luogo aveva un particolare significato per Liliana, posto che il marito Sebastiano ha raccontato che a volte ci andavano in maggio per la fioritura delle piante?

“Può essere. Per quello che mi riguarda, è una strada che faccio spesso, quando cerco di tenermi in forma. Vado in autobus fino alla chiesetta, faccio 200-300 metri, prendo un altro autobus e poi torno a piedi camminando o correndo. Intorno al 22-23 dicembre ho pensato di guardare, perché era un luogo in cui passavo spesso”.

L’ha cercata anche in altri luoghi? Dove?

“L'ho cercata anche lungo la ex strada romana, scendendo da monte Spaccato alla strada per Basovizza”.

Cosa pensa sia accaduto a Liliana?

“Secondo me è successo questo, lo dico da mesi. Lilly è arrivata in piazzale Gioberti, è dimostrato: l’ha vista la fruttivendola, è stata ripresa dalle telecamere del bus. Quella mattina a Trieste, sul viale Al Cacciatore, pare sia nata una discussione violenta, tanto che sono stati chiamati anche i carabinieri. Quando sono arrivati però non c’era più nessuno. Secondo me, lei ha subito una violenta aggressione verbale che le ha causato lo scompenso cardiaco. Dopo di che chi era con lei non poteva giustificare di essere lì con lei, l’ha messa nel bagagliaio della macchina e l’ha portata via”.

Quindi potrebbe essere stata portata nei pressi dell’ex ospedale psichiatrico in altra data?

“Non ricordo da chi l’ho sentito: qualcuno ha detto che in quei giorni era caldo per essere dicembre. Penso che chi l’ha presa, potrebbe averla portata sul Carso, magari con una seconda auto, dove fa molto più freddo di 4-5 gradi, per poi portarla nel luogo in cui è stata trovata in un giorno in cui era meno affollato. In un fondone, sarebbe stata al riparo dalla pioggia e dagli animali. Per me non è stato omicidio, credo sia stato un incidente”.

Pare che Liliana abbia fatto delle considerazioni sul suicidio, con i parenti e con Claudio Sterpin. Con lei ne ha mai fatte?

“Non credo al suicidio. A me non ha mai detto niente. Non credo che fosse mentalmente predisposta al suicidio, non ne aveva motivo. Proprio per impostazione mentale, per il modo in cui sentiva la vita.

Poi è difficile immaginare che una persona, per suicidarsi, vada in quel luogo, si metta dentro ai sacchi”.

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