"Io come Sollecito. Cerco un giudice onesto e coraggioso" 

Il libro “L’ultimo sguardo di Yara” di Giovanni Terzi contiene, tra le altre cose, delle lettere scritte da Massimo Bossetti, che continua a proclamare la sua innocenza

"Io come Sollecito. Cerco un giudice onesto e coraggioso" 

Chi è Massimo Bossetti? “Bossetti è una semplice e normalissima persona buona di cuore che vive e stravede per l'amore di cui è sempre stato circondato, l'amore dei suoi figli, di sua moglie e dei suoi familiari di tutto ciò che ha sempre avuto accanto quotidianamente”. A parlare, o meglio a scrivere di se stesso in terza persona è lui stesso, in una lettera di risposta scritta al giornalista Giovanni Terzi - che così lo intervistava una prima volta in carcere - e inclusa nel volume scritto da questi, “L’ultimo sguardo di Yara - Una storia italiana”.

Non c’è un modo univoco in cui l’opinione pubblica guarda a Bossetti. C’è chi sostiene la magistratura e quindi la verità giudiziaria, ovvero la condanna in tre gradi di giudizio a suo carico per l’omicidio di Yara Gambirasio. C’è chi pensa ci possa essere stato un grande complotto, in cui un padre di famiglia sarebbe stato ingiustamente condannato all’ergastolo.

Il libro

Giovanni Terzi è il fondatore e direttore di The Global News. Il libro “L’ultimo sguardo di Yara” che ha pubblicato nel 2024, nel giorno dell’anniversario della scomparsa della 13enne di Brembate di Sopra - avvenuta il 26 novembre 2010 - prende due diverse direzioni: racconta vittima e condannato, e lo fa come descrivendo due vicende separate, che a un certo punto si incontrano.

Da un lato si prende in esame il caso, si immagina quale sia stato appunto l’ultimo sguardo di Yara, mentre moriva di freddo, indebolita da un’aggressione, in un campo di Chignolo d’Isola, dov’è stata ritrovata tre mesi più tardi, a una manciata di chilometri da casa, si raccontano le ricerche e anche le testimonianze di cui non si tenne conto - come per esempio quella dell’allora 19enne Enrico Tironi, ritenuto non attendibile, che disse di aver visto la vittima con due uomini all’ora della scomparsa. È un excursus massiccio quello di Terzi, frutto di studio e attenzione sul caso, in cui nulla viene tralasciato. Ma a esso vengono anche accompagnate digressioni liriche, perché non si perda un punto di vista fondamentale: una 13enne è stata barbaramente uccisa.

L'autoassoluzione di Bossetti

Dall’altro lato c’è una narrazione incentrata su Bossetti: la sua storia personale, la scoperta dell’identità del suo padre biologico proprio nel corso dell’indagine, l’incontro con Marita Comi, la moglie che non l’ha rinnegato dopo la condanna, anzi è rimasta sentimentalmente al suo fianco. In sede processuale sarebbe emersa una presunta infedeltà della donna, avvenimento che avrebbe portato Bossetti a un tentativo di suicidio: “Da un momento con l'altro è come se si fosse spenta la luce dei miei occhi, un buio totale, una tragedia totale perché riprendendomi mi accorsi di essere seduto di fronte al lavandino con la testa che tenevo reclinata nell'acqua, pian piano capii e sentii che sul collo avevo qualcosa che mi stava stringendo e soffocando il respiro. Era una cintura con i buchi per i pantaloni”.

Gran parte della sua testimonianza, basata sulle domande che Terzi pone all’interno di una loro corrispondenza giornalistica, ha a che vedere con la sua autoassoluzione, anche rispetto alla grande domanda: quando fu arrestato il 16 giugno 2014, perché Bossetti scappò di fronte alle forze dell’ordine giunte nel cantiere di Mapello in cui lavorava? “Mi sentivo come se fossi stato una lepre attorniata da molti cacciatori, pronta per essere spolpata viva. Non riuscivo a capacitarmi del perché mi stessero trattando in quel modo e nel contempo sentivo freddo e calore, una paura tremenda, perché nessuno mi spiegava un bel niente di niente”.

Il confronto con Sollecito

L’ex operaio si confronta con un’altra persona che fu al centro di una nota vicenda giudiziaria: Raffaele Sollecito. Bossetti racconta infatti di aver letto avidamente una copia autografata del suo libro “Un passo fuori dalla notte”: “Se non fosse stato che anche io ho subito quel periodo di stato detentivo in isolamento non lo avrei sentito così veritiero e profondamente vicino, incollato addosso”. Ma dal punto di vista giudiziario, c’è una differenza tra Bossetti e Sollecito: il primo, come detto, è stato condannato in tre gradi di giudizio per l’omicidio di Yara, il secondo, accusato dell’omicidio di Meredith Kercher, dopo un tutt’altro che lineare inter processuale tra condanne, assoluzioni e annullamenti, è stato assolto definitivamente in Cassazione nel 2014, per una bizzarra coincidenza peraltro nello stesso giorno in cui Bossetti veniva arrestato.

"Resistere"

Ma il punto è questo: Bossetti, da sempre, proclama la sua innocenza: “Se io fossi stato l'autore, l'artefice di quell’efferato orrendo delitto, la sera stessa del mio arresto non avrei esitato neppure dieci secondi nel dirlo di fronte a tutto quell'immenso esercito perché consapevole che prima o poi a furia di indagare la verità sarebbe emersa, evidenziata agli occhi di noi tutti, e sicuramente mia moglie l'avrebbe capito prima di tutti leggendomi negli occhi”, scrive ancora a Terzi.

In altre parole, l’ex muratore crede di essere una vittima di malagiustizia e quella detenzione nel carcere di Bollate spera finirà un giorno.

Soffro immensamente tutta questa assurda, ingiusta sottrazione d'amore d'affetto quotidiano dal mio fianco… - confida Bossetti a Terzi - Ma che posso fare se questa assurda giustizia non vuole capire, non vuole ascoltare la mia assoluta sincerità di sempre? Resistere, resistere, resistere affinché un benedetto giorno io trovi sul mio duro, tortuoso faticoso, percorso quel signor giudice onesto e soprattutto coraggioso che porti alla luce quanto disgraziatamente sul mio essere tutti hanno vergognosamente fatto!”.

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