Cronache

L'insofferenza degli affiliati di Messina Denaro nelle intercettazioni

Dall'inchiesta sul boss emerge l'irrequietezza espressa da alcuni affiliati sull'attuale gestione del potere criminale in Sicilia

L'insofferenza degli affiliati di Messina Denaro nelle intercettazioni

Polizia e Carabinieri di Palermo e Trapani hanno dato esecuzione questa mattina a un provvedimento di fermo per il reato di omicidio aggravato dal metodo mafioso nei confronti di Nicolò Nicolosi, 44 anni, originario di Calatafimi (Trapani) e Attilio Fogazza, 44 anni originario di Salemi (Trapani).

Entrambi sono ritenuti responsabili dell'omicidio di Salvatore Lombardo, pregiudicato ucciso a Partanna (Trapani) il 21 maggio 2009 con alcuni colpi di fucile calibro 12.

Un delitto, quello Lombardo, che sembrava destinato a rimanere un caso irrisolto ma la cui svolta è arrivata dalle indagini condotte dagli agenti dello Sco e dai carabinieri del Ros nell'ambito delle ricerche del super latitante Matteo Messina Denaro.

Secondo quanto scoperto dagli investigatori, Salvatore Lombardo sarebbe ucciso perché sospettato di aver rubato un camion di merce destinata al supermercato Despar di Domenico Scimonelli, considerato membro della famiglia mafiosa di Partanna e elemento fondamentale nella catena di comunicazione che permette a Messina Denaro di dirigere, seppur latitante, l'attività di Cosa Nostra. Scimonelli è stato arrestato il 3 agosto nell'ambito dell'operazione Ermes.

Dall'inchiesta coordinata dal procuratore aggiunto Maria Teresa Principato, e dai sostituti Carlo Marzella e Francesco Grassi dalla Direzione distrettuale Antimafia di Palermo, emerge però l'irrequietezza espressa da alcuni affiliati sull'attuale gestione del potere criminale in Sicilia.

Sono insofferenti, si lamentano della sua indifferenza alle sorti dell'organizzazione mafiosa e dei tanti uomini d'onore finiti in carcere nell'ambito delle inchieste che dovrebbero portare alla sua cattura: è una Cosa Nostra assai critica verso il boss latitante Matteo Messina Denaro, quella descritta dal procuratore aggiunto di Palermo, Teresa Principato. "Non è la prima volta - ha spiegato Principato - che avvertiamo un forte malcontento verso il capomafialatitante, che viene accusato dai suoi di pensare solo a sè e alle sue esigenze e di non curarsi dei destini dei familiari e degli uomini d'onore finiti in carcere

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