L'intelligence e la sicurezza Quali scenari per il futuro?

Poche cose al mondo sono mal comprese come i servizi di “intelligence”. E poche cose sono più utili nella vita di una società organizzata

James Bond
James Bond

Poche cose al mondo sono mal comprese come i servizi di “intelligence”. E poche cose sono più utili nella vita di una società organizzata. Nell’immaginario collettivo, ossia nella psicologia del cosiddetto uomo della strada, l’attività di Intelligence ha spesso il sapore del mistero: un luogo oscuro dove uomini onnipotenti e onniscienti decidono le sorti del mondo. O di un paese o di un sistema politico: non c’è che l’imbarazzo della scelta. In alternativa, il giudizio sull’Intelligence tende a farsi sprezzante: un inutile orpello, l’eredità superflua di un passato remoto, un pozzo senza fondo che assorbe pubblico denaro e restituisce solo grane. Di qui la necessità di un costante rinnovamento dei vertici, sempre sospettati di aver “deviato” dai loro compiti istituzionali. E anche questo è qualcosa di incomprensibile o inspiegabile agli occhi del cittadino.

L’aspetto singolare è che questi due punti di vista, in apparenza inconciliabili, talvolta convivono nelle stesse persone. Quelli che si dicono convinti della scarsa o nulla utilità sociale dei servizi, sono tra coloro – in molti casi – sempre pronti a denunciare complotti o cospirazioni i cui fili sono tratti nelle stanze del mistero. Ma delle due l’una: o l’Intelligence è inutile o è super-potente. Le due cose insieme non vanno. Forse esiste una terza via. Per seguirla cominciamo a dire che è indispensabile curare la sicurezza dello Stato nelle sue varie forme: rinunciarvi espone tutti a pericoli troppo gravi. Pericoli che mutano e minacce che si rinnovano, per cui il terrorismo degli anni Duemila ha poco o nulla da spartire con la “guerra fredda” degli anni Cinquanta. Ma questa è una ragione di più per conoscere l’Intelligence e provare a penetrarne l’arcano.

La segretezza in cui opera l’Intelligence obbedisce a ragioni intuitive. Non possono esistere servizi, dediti a missioni così delicate, costretti a operare alla luce del sole. Quando è accaduto, lo abbiamo visto in anni abbastanza recenti, l’efficienza del sistema è rapidamente crollata.

Peraltro la segretezza non può coincidere con l’assenza del controllo di legalità; non può voler dire che l’Intelligence opera al di sopra delle leggi senza che nessuno sappia chi sta facendo cosa. Questo è il dilemma che tutti i governi democratici si sono trovati davanti: come conciliare la segretezza con la legalità, come garantirsi che i vertici dei servizi riescano a essere al tempo stesso capaci sul piano tecnico e leali verso le istituzioni. E infine, si deve aggiungere, come ottenere che l’esistenza dei servizi sia percepita dai cittadini come un ausilio alla sicurezza collettiva e non certo come un’insidia.

Nel nostro paese, vissuto per troppi anni nel solco delle ideologie contrapposte, l’Intelligence è stata usata come strumento di lotta politica. Inutile ripercorrere i diversi passaggi di una storia recente peraltro nota. Diciamo solo che esistono oggi le premesse per guardare avanti con ottimismo. I servizi devono adeguarsi sempre più in fretta al mondo che cambia. L’Intelligence del nuovo secolo – un secolo cominciato, non dimentichiamolo, con l’attentato alle Torri Gemelle – può essere tutto, tranne che un brutto romanzo d’appendice. Nel senso che occorre buttarsi alle spalle il bagaglio retorico di un passato che non esiste più. Il vecchio “spionaggio” aveva molti lati suggestivi, anche quando sembrava nascondere chissà quali ombre, ma certe romanticherie non sono più adeguate ai tempi. Diciamo che non possiamo permettercele.

La tecnologia in questo campo non è tutto. Anzi, può essere persino controproducente. Quando accade che le macchine elettroniche sono in grado di sapere tutto di tutti, ma la capacità di elaborazione dei dati raccolti è di appena il 6 per cento, tutti capiscono che qualcosa non va. Il tuffo nella tecnica va bene se c’è un uomo a reggere il bandolo della matassa. Un tempo l’Intelligence era nelle mani degli uomini: era un fatto di sagacia e di cuore. Oggi sembra un fatto solo meccanico e scientifico. Ma è un’illusione. L’elemento umano è irrinunciabile. E se c’è stata una fase in cui si è creduto di poterne fare a meno, tutto cio si è rivelato impossibile.

Si può partire di qui per capire come dovrà essere l’Intelligence nel nuovo secolo, quali intrecci e quali collaborazioni potranno svilupparsi fra i servizi delle nazioni alleate. Dove peraltro si è dimostrato che nessuno oggi può fare tutto da solo, nemmeno gli Stati Uniti. E anche questo è un modo per recuperare l’”umanità” dei servizi e gestire al meglio quella fragile “zona grigia” in cui giocano gli interessi nazionali e le esigenze sovranazionali di una sicurezza ormai del tutto “globalizzata”.

Sfatare il mito dell’Intelligence è in definitiva opportuno. Soprattutto quando, come in questo caso, si tratta di eliminare tante scorie pseudo-ideologiche e far comprendere al lettore quanto siano importanti le funzioni che un servizio bene organizzato ed efficiente può svolgere a favore della collettività. Fare a meno dell’Intelligence non si può, in un mondo in cui persino gli Stati faticano a sopravvivere alle nuove minacce che li incalzano. Quindi la cosa migliore è conoscere i servizi per quello che sono e rappresentano.

Quando un paese è solido, fondato su un governo legittimo e su un Parlamento in grado di controllarne l’operato, l’Intelligence ritrova tutto il suo fascino. Ed è altrettanto affascinante capire come funziona e a cosa serve.

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