Oggi il governo Conte otterrà la scontata fiducia del Parlamento. I primi giorni di scuola sono sempre incasinati, tra euforia e inesperienza delle matricole. L'occasione di oggi potrebbe servire a mettere un punto fermo, a patto che Cinque stelle e Lega non trasformino anche la seduta solenne dell'investitura in un talk show, o peggio in un comizio a reti unificate.
Vogliamo, dobbiamo capire che cosa questo governo vuole e può fare al netto della propaganda, dei sogni e delle bugie, possibilmente da una voce unica, che teoricamente dovrebbe essere quella di Giuseppe Conte, fino ad ora silente. Perché in queste ore abbiamo sentito di tutto e il contrario di tutto. Basta alle unioni gay, sì alle unioni gay; sulla flat tax ci sono varie versioni: dal prossimo anno alle imprese (che peraltro già ne usufruiscono) poi forse alle famiglie, anzi no, dal 2019 per tutti ma solo sulla carta; sulla lotta all'immigrazione circolano le tesi più disparate, quasi tutte in contraddizione con le parole d'ordine dure e definitive ascoltate in campagna elettorale.
Mi sembra di rivivere la stagione del renzismo prima nascente e poi imperante, quando il premier andava in tv tutte le sere a mostrare slide con progetti mirabolanti e impegni a fare una riforma al mese. Anche allora c'era entusiasmo per il nuovo che avanzava, ma siccome alle parole non seguirono i fatti, gli italiani, come noto, archiviarono velocemente la pratica.
Dopo una rincorsa di cinque anni di opposizione e tre mesi di trattativa e studio del programma-contratto ci saremmo aspettati da Cinque stelle e Lega idee un tantino più chiare fin da subito. Perché va bene, come ha fatto ieri Di Maio, fare il primo incontro da ministro con i riders, ma il futuro del Paese, detto con rispetto, non è nelle mani dei ragazzi in bicicletta che, quasi solo a Roma e Milano, ti portano di tutto a casa. Pesano molto di più il destino dell'Ilva (che vuol dire anche il comparto acciaio del Nord), dell'Alitalia, della Tav e di altre pratiche sulle quali c'è buio pesto.
«Aspettiamo, ci vuole pazienza, lasciamoli lavorare», dicono in tanti e tra questi anche nostri
lettori. Mi auguro che Matteo Salvini abbia la pazienza per non disperdere un grande patrimonio sull'altare del governo grillino. Con un'avvertenza: c'è un limite oltre il quale la pazienza smette di essere virtù e diventa servilismo.
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