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L'unico maestro

Mario aveva vissuto i tempi in cui il maniscalco castrava e curava i cavalli, oltreché ferrarli

L'unico maestro

Mario Fusetti, mio maestro, è morto oggi. Nessuno sapeva che fosse il mio maestro: lo sapevo solo io. L’avevo conosciuto credo nel ’95 e da subito avevo trovato grande intesa di pensiero. Oggi non restano più uomini del genere. Era figlio d’arte, perciò è stato per tutta la vita un maniscalco. Mario aveva vissuto i tempi in cui il maniscalco castrava e curava i cavalli, oltreché ferrarli. Non era cosa strana allora, soprattutto se si pensa che la facoltà di medicina veterinaria di Milano nacque nel 1791 come “scuola veterinaria minore”, per insegnare proprio ai maniscalchi ad effettuare le prassi chirurgiche su cavalli, bovini e ovini. Forse proprio perché aveva ferrato tutti i cavalli dei carrettieri di Turate e dintorni, non si era mai montato la testa e mai lo fece, fino alla fine. Ricordo con grandissima commozione i momenti delle nostre chiaccherate, mentre fra un lotto e l’altro della sua produzione di ferri per cavalli, nell’attesa che le barre di alluminio si scaldassero al punto giusto, lo accompagnavo nell’orto dove vangava la terra, conversando.

La modestia era la grande dote di quell’uomo che mai ha abbandonato i suoi principi di vita, passata quasi fino alla fine nella sua amata bottega. Nella bottega aveva lavorato col papà e nella bottega aveva riunito la sua famiglia, figli e nipote. Eppure era il più grande maniscalco e il più grande maestro. I suoi consigli erano sempre giusti e risolvevano sempre i problemi di ferratura, ma lui si nascondeva, non saliva mai in cattedra. Insegnava da un livello paritario, non dall’alto. Soleva dire che “si può imparare anche dall’ultimo garzone di bottega”, ma evidentemente nessun borioso potrà mai imparare dagli ultimi, perché non vorrà mettersi al loro pari. Mario rispettava anche l’ultimo garzone di bottega, dava rispetto ma desiderava rispetto; era modesto ma orgoglioso perché sapeva di valere e odiava le prevaricazioni e i prepotenti. Nella sua bottega a Turate, aveva un vecchio bilanciere che fa più o meno lo stesso lavoro di un maglio ma in modo diverso. Sotto il bilanciere va lo stampo e sopra lo stampo l’alluminio caldo che con due colpi diventa un ferro di cavallo. E Mario era come quel bilanciere: costante, equilibrato e fortissimo.

Vorrei veramente che tutti i bambini d’Italia, tutti i ragazzi, tutti gli adolescenti potessero prendere ad esempio Mario Fusetti, il maestro di vita, per rifondare questa nazione fallita, con un debito pubblico esorbitante, governata da persone di dubbia moralità e abitata da invertebrati, lo vorrei con tutto il mio cuore. Mario il mio maestro è morto ma ha lasciato la sua immensa eredità spirituale alla sua famiglia e a me.

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